Sarebbe bastata l’effettiva applicazione di alcuni articoli della nostra Costituzione, considerata tra le più belle al mondo, per far sì che alle donne venisse garantita in Italia la possibilità di entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro, senza subire discriminazioni di ogni genere. Il primo articolo, con il suo principio di uguaglianza formale e sostanziale, parla chiaro; l’art. 29, evocando il concetto di condivisione dei ruoli, sancisce l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi nel matrimonio, l’art. 37 stabilisce che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”, precisando che le condizioni di lavoro tutelino la maternità e proteggano madre e figlio.
Eppure la necessità di approvare lo scorso ottobre il ddl sulla parità salariale tra uomo e donna la dice lunga sulle concrete difficoltà che le donne incontrano per affermarsi nel mondo del lavoro. Negli anni, infatti, si sono susseguiti numerosi interventi normativi atti a “tentare” di rimuoverle (tra tutti le leggi a tutela della maternità, sulla parità di retribuzioni uomo-donna, sulle discriminazioni nel posto di lavoro). Molto è stato fatto ma la pandemia, con il boom di dimissioni femminili, ha fatto riemergere il dato oggettivo secondo cui lavorativamente sono le donne ad essere penalizzate. E se è vero che nel corso del 2021 c’è stata una ripresa dell’occupazione, è altrettanto vero, come rivelato di recente dall’Istituto Nazionale per le analisi delle politiche pubbliche, che la situazione per le donne non migliora, essendo prevalente per le stesse una contrattualistica a tempo parziale e discontinuo, con conseguente debolezza retributiva (il 49,6 delle nuove assunzioni femminili è a tempo parziale contro il 26,6 degli uomini, con un part-time sempre più “involontario” e dati preoccupanti nel Sud ove ancora oggi le donne vivono condizioni di ulteriore svantaggio). E senza le donne l’economia non riparte.
“Non si tratta di un tema ideologico – afferma la Ministra Bonetti – non di una necessità di singoli, ma di sistema. Le donne sono una risorsa, una leva necessaria per il futuro del nostro Paese”. E’ indispensabile, quindi, mettere le donne nelle condizioni di portare avanti con serenità la conciliazione tra famiglia, vita lavorativa e impegno sociale. Tanti gli interventi previsti a sostegno del lavoro femminile (decontribuzione, politiche per l’assunzione di lavoratrici, congedi di paternità, certificazione della parità di genere), con conseguente stanziamento di risorse in favore delle imprese nella sperimentazione di nuovi modelli di welfare aziendale e della famiglia che agevolino le donne a conciliare la dimensione familiare con quella lavorativa. E anche la misura dell’assegno unico universale, come formulato, tende a non disincentivare il lavoro femminile.
Perché un figlio è bene comune, mettere le donne nelle condizioni di conciliare la gioia di crescere un figlio con la bellezza di realizzarsi lavorativamente è vantaggioso per l’intera società, sostenere con ogni sforzo la natalità in Italia è guardare al futuro delle nuove generazioni.