Nonostante le notizie dai vari fronti parlino di una generale buona tenuta dell’esercito regolare nella maggioranza dei territori del Paese, la faccenda siriana non sembra volersi trattenere dal far salire nuovamente la temperatura della politica internazionale. Con la notizia dell’accordo di Sochi tra Putin ed Erdoğan -per la creazione di una zona di de-escalation nella provincia di Idlib- nella giornata di lunedì la Siria sembrava aver mosso un ulteriore e decisivo passo verso un processo di pacificazione che si dimostrerà, in tutti i casi, molto problematico da gestire. In tarda serata, però, una notizia ha fatto drammaticamente abbassare il livello dell’entusiasmo: un Il-20 antisommergibile turboelica dell’aviazione russa è stato abbattuto al largo delle coste siriane in prossimità della base aerea di Lathakia, proprio durante l’attacco aereo a base di bombe a piccolo diametro condotto dall’aeronautica israeliana sulla Siria settentrionale attraverso l’impiego di- presumibilmente- quattro F-16. Quattordici i membri del personale militare russo deceduti nell’impatto.
Lo stesso ministero, attraverso le parole del portavoce Igor Konašenkov, ha anche, forse troppo frettolosamente, accusato Israele di aver “provocato” l’abbattimento che sarebbe, però, frutto di un errore di calcolo della contraerea siriana: gli ormai obsoleti sistemi S-200 forniti dalla Russia, infatti, sarebbero stati ingannati dalle manovre dei caccia israeliani che si sarebbero fatti scudo grazie alla presenza dell’aereo russo, colpito accidentalmente. Pronta la smentita di Gerusalemme, che ha espresso le sue condoglianze per la tragica perdita ma ha negato qualsiasi coinvolgimento. A raffreddare gli animi le successive dichiarazioni del presidente Putin che ha esitato ad accusare apertamente le forze israeliane, parlando, al contrario, di aereo abbattuto in “circostanze casuali e tragiche”, aggiungendo che le contromisure saranno volte esclusivamente al rafforzamento delle misure di sicurezza per tutelare le forze armate russe. Il tempismo con cui questo incidente diplomatico rischia di deteriorare ulteriormente il già precario equilibrio sullo scacchiere siriano desta numerosi sospetti.
In ogni caso, Putin si è dimostrato, come al solito, molto fermo nel rispondere in un contesto articolato e difficile, evitando, al momento, di intensificare l’impegno delle sue forze in Siria, impegno che sta facendo mugugnare non poche persone in patria. La Russia, infatti, sembra perfettamente cosciente della fase che il conflitto siriano vive in questo periodo: l’esercito regolare di Assad è prossimo a riconquistare i territori martoriati da sette anni di sanguinosi conflitti, in un contesto che ha visto non solo la Russia, ma anche la Turchia, gli Stati Uniti, Israele e l’Iran operare attivamente e contemporaneamente per difendere interessi strategici divergenti. Del resto, occorre rilevare che la contraerea -incidente dell’Il-20 a parte- ha per l’ennesima volta retto bene contro gli attacchi aerei di Gerusalemme. La “posta in gioco” sembra essere così alta da poter sorvolare anche su questa tragedia causata dal “fuoco amico” siriano. Un agire di rimessa in maniera avventata, da parte di Mosca, potrebbe compromettere gli equilibri fornendo all’asse Usa-Israele un motivo lecito per poter intensificare le attività belliche in Siria complicando di molto la vita alla flebile intesa russo-turca appena ratificata.