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Perché è importante somministrare la quinta dose di vaccino anti-covid

L’ultima circolare del ministero della Salute, dell’agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dell’Istituto superiore di sanità (Iss) dà il via alla quinta dose di vaccino Covid-19, adattato alle varianti Ba.1 o Ba.4-5, per chi quindi abbia già ricevuto il secondo booster (cioè la quarta dose) e una volta trascorsi almeno tre mesi dalla precedente somministrazione di vaccino o da un test positivo al Sars-CoV-2. Dunque le autorità sanitarie raccomandano un’ulteriore dose di richiamo con vaccino a mRna bivalente a favore delle persone di età maggiore o uguale a 80 anni, degli ospiti delle Rsa e delle persone di età maggiore o uguale a 60 anni con fragilità motivata da patologie concomitanti o preesistenti’. Anche tutti gli over 60 che abbiano già ricevuto una quarta dose con vaccino a mRna monovalente potranno accedere alla quinta dose bivalente “su richiesta dell’interessato”, sempre dopo 120 giorni dalla precedente iniezione o dopo un test positivo alla malattia.

Le nuove indicazioni sono determinate dall’attuale contesto epidemiologico che presenta un’aumentata circolazione del virus Sars-CoV-2 contestuale all’incremento dell’indice di trasmissibilità sopra la soglia epidemica. L’obiettivo è realizzare un ulteriore consolidamento della protezione conferita dai vaccini nei confronti delle forme gravi di Covid-19, e nel rispetto del “principio di massima precauzione”. L’età è un fattore indipendente di rischio. Il massimo rischio di letalità è nell’età avanzata, oltre 70 anni. I bambini e gli adolescenti fino a 20 anni sono a debole rischio di malattia grave. Tuttavia anche i bambini trasmettono l’infezione: il dato è di particolare importanza per la diffusione del contagio, specie nei rapporti con genitori e parenti anziani. L’età avanzata con comorbosità è il maggiore fattore di rischio. D’altronde, l’età si accompagna frequentemente con la presenza di malattie croniche cardiovascolari, diabete, ipertensione, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e tumori. Si valuta che queste siano presenti nel 65% dei soggetti di oltre 70 anni. Il genere maschile è più a rischio rispetto alle donne per malattia grave e per letalità (2,1% vs 1,6%). Anche l’obesità (BMI ≥ 30) è un potente fattore di rischio (è appannaggio in Italia di circa il 20% della popolazione). I pazienti immunocompromessi, per condizioni patologiche, per chemioterapia antitumorale o per trapianto d’organo, rappresentano una popolazione vulnerabile con un 20% di rischio aggiuntivo (che peraltro va bilanciato con il rischio di interrompere la chemioterapia). Condizioni di immunocompromissione sono correlate inoltre a tubercolosi, in cui è segnalata una più rapida evoluzione alle forme gravi di COVID-19, e all’infezione HIV/AIDS, che peraltro non sembra rappresenti un serio fattore di rischio, se bene controllata dalla terapia antiretrovirale. Anche il fumo di tabacco è associato a un rischio almeno doppio di ricovero in terapia intensiva e di morte.

Altre situazioni di rischio “ambientali” si riscontrano in carcerati, soggetti senza tetto e persone disabili, così come negli ospiti di Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). La pandemia di COVID-19 si è diffusa con estrema velocità e pervasività. Fortunatamente la letalità e anche la frequenza di forme critiche di malattia (che richiedono il ricorso alla terapia intensiva) sono limitate al 5% circa delle infezioni. È vero che il virus causale, SARS-CoV-2, colpisce “a caso”, quando incontri le occasioni favorevoli di trasmissione, e che queste forme gravi di malattia possono interessare tutti, ma, di fatto, la letalità si concentra in alcune popolazioni “a rischio”, che quindi vanno specialmente protette. Abbiamo acquisito dati sufficientemente precisi che consentono di definire queste popolazioni speciali a rischio. Dei vaccini di cui disponiamo contro il Covid-19 alcuni sono stati costruiti sulla base di piattaforme classiche, inattivati o viventi attenuati, a subunità proteiche, a vettori virali replicanti e non replicanti, altri sulla base delle attuali piattaforme più avanzate, a RNA o DNA.

Prof. Giampiero Carosi: