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Perché è arduo dare un giudizio sui risultati della Cop27

A qualche settimana dalla chiusura della Cop27 svoltasi in Egitto dare un giudizio complessivo e finale rimane arduo, sia perché i moltissimi documenti approvati di fatto non sono ancora ufficiali, sia perché gli effetti reali si avranno nei prossimi anni. Come sempre le Cop vengono caricate di attese eccessive e probabilmente anche questa lo era, pur consci che si svolgeva in un paese dove vi sono molte difficoltà ad esprimere opinioni libere in ogni settore della vita ordinaria ed è un grande produttore ed esportatore di fonti fossili. Inoltre, l’assenza della Cina e dell’India, grandi inquinatori complessivi ma con un valore pro-capite basso, non è stata sicuramente positiva per i risultati. Infine, non possiamo dimenticare la situazione di guerra in Europa, causata dall’invasione russa in Ucraina che ha rappresentato e rappresenta un elemento di forte disturbo per le trattative.

Quali sono a nostro avviso alcuni degli elementi da evidenziare? È stata decisa la creazione del fondo “loss and damage” che dovrebbe risarcire i paesi maggiormente colpiti dai danni della crisi climatica e quelli che subiscono perdite rispetto alla transizione ecologica. A noi non sembrano ancora molto chiare le modalità di finanziamento e di funzionamento e nemmeno se questo fondo si affianca o si sostituisce a quello precedente che non ha mai visto un avvio molto concreto. Inoltre, andrà definito se la Cina sta dalla parte di chi deve mettere i soldi o di chi li vuole ricevere visto che spesso parla a nome dei paesi in via di sviluppo. È rimasto come parametro del rischio climatico l’aumento massimo di 1,5 gradi, confermando l’impegno degli stati in tal senso. Tuttavia, gli stessi impegni rimangono comunque volontari e sostanzialmente indefiniti senza quindi delineare un percorso per raggiungere l’obiettivo comune. Però non si è andati ad intaccare l’Accordo di Parigi. Non c’è stata alcuna accelerazione per il superamento dei combustibili fossili. Se viene confermata dovunque l’urgenza di implementare impianti per fonti di energia rinnovabile è altrettanto evidente che l’utilizzo di combustibili fossili rimane purtroppo ancora preponderante. Certo su questo tema, come scritto sopra, il fatto che la Cop si tenesse in Egitto e che durante i lavori ci fosse una forte presenza di rappresentanti di industrie energetiche non favoriva decisioni innovative e tantomeno dirompenti.

In positivo alcuni osservatori segnalano anche l’attenzione verso la biodiversità, a cui è stata dedicata una sessione specifica e che vedrà la sua Cop specifica a metà dicembre in Canada. Nel frattempo, l’ITUC il sindacato mondiale, fa notare in positivo che il “Sharm el-Sheikh Implementation Plan” afferma che la Just Transition si basa sul dialogo sociale e sulla protezione sociale dando avvio ad una sorta di programma di lavoro sulla stessa. Anche se si rimane sul piano delle buone indicazioni. L’Unione Europea, pur se aveva proposto un’alternativa al fondo “loss and damage” non esce male della Cop27, in quanto è stata capace di mantenere una unità operativa e di intenti tra i vari paesi aderenti ed ha ribadito gli obiettivi del Green Deal Europeo come impegno complessivo.

La prossima Cop28 si svolgerà in Dubai verso la fine del 2024, per molti aspetti l’ambientazione politica sarà la stessa, visto che siamo ancora in un paese grande produttore ed esportatore di petrolio. Non possiamo però nasconderci che incontri ed accordi nell’ambito di un così grande numero di paesi non possono far altro che procedere a piccoli passi laddove gli interessi oltre ad essere in molti casi contrastanti sono anche molto variegati e disomogenei anche all’interno dei singoli paesi o raggruppamenti. Ai paesi europei, fra cui l’Italia, spetta comunque il compito di applicare quanto deciso con il Green Deal Europeo e di impegnarsi per favorire una adeguata transizione ecologica che abbia al centro la valorizzazione del mondo del lavoro e del modello sociale europeo, adeguando comunque il proprio modello di sviluppo per favorire in contemporanea anche la crescita delle nazioni più povere.

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