Ormai ci siamo, è il momento dei gazebo. I candidati alla segreteria del Pd si preparano a raccogliere i frutti di due mesi di campagna elettorale, scanditi da sospetti e accuse reciproche. A cominciare dall’assemblea del 19 febbraio scorso, che ha ufficialmente aperto la fase congressuale, dove si è assistito a continui botta e risposta, con il corollario della scissione che ha visto protagonisti Bersani, Speranza e D’Alema.
Ovviamente quell’uscita dalla porta di sicurezza, essendo sbarrata quella principale, dei tre protagonisti dello scontro con Matteo Renzi peserà eccome sulle primarie, come hanno dimostrato questi ultimi giorni. E a pesare non saranno tanto le opinioni degli attori in campo, quanto la loro capacità di far leva sul sentimento di quella base, troppo spesso evocata a sproposito, rimasta sotto le insegne del Pd. Potrebbero essere loro, i militanti storici, a determinare l’indeterminato.
Subito dopo la chiusura delle urne nei circoli, quando a votare sono stati i soli iscritti, il risultato fatto registrare da Matteo Renzi, oltre il 66%, ha fatto parlare Andrea Orlando di “numeri che non convincono”. Il ministro della Giustizia, diretto inseguitore dell’ex premier, è staccato di diverse lunghezze con il suo 25,25%, e spera di poter rimontare nei gazebo, con il voto degli elettori. Dunque la base diventa strategica. Sempre che esistano ancora le fondamenta di un partito diviso e lacerato come non mai.
Il valzer dei numeri non è un modo per evitare di confrontarsi sulle idee, ma un’esigenza reale per dare corpo a qualcosa che appare immateriale. Non a caso proprio su questo tema si è innestata una nuova polemica quando Gianni Cuperlo, sostenitore di Orlando, ha invitato tutti, compresi gli scissionisti di Mdp, ad andare ai gazebo per sostenere il Guardasigilli. Un’iniziativa che ha provocato le ire dei renziani, pronti a sottolineare la “bizzarria” di un appello a partecipare alle primarie rivolto a chi è uscito dal partito proprio perché non credeva più al progetto dem.
Da parte di Mdp, in ogni caso, l’invito è stato declinato prontamente: “Un appello arrivato fuori tempo massimo. L’alternativa è fuori dal Pd”, ha sottolineato Speranza. L’alternativa, ma non il fattore contingente. Perché il leader di Mdp non negato la possibilità che gli aderenti al Movimento vadano ai gazebo. In molte parti d’IItalia, soprattutto nella rossa Toscana, si registra una forte ripresa degli ex piddini confluiti in Mdp. Segno che i movimenti della base sono decisamente diversi da quelli del vertice.
Pur con la dovuta cautela dettata dalla volatilità dei controlli e dei termini per accedere ai gazebi, le tensioni sul tema dell’affluenza sono un chiaro indicatore di quale sia la vera posta in gioco. Se per Renzi quel dato è secondario, per Orlando diventerebbe esiziale nel caso di flop. Per Orlando, alla base del disinteresse dell’ex premier, ci sarebbe la volontà di congelare il risultato ottenuto con i congressi nei circoli.
Il Guardasigilli e Michele Emiliano si dicono convinti di poter recuperare terreno con le primarie aperte, dove a votare non sono solo gli iscritti, ma anche semplici elettori o, addirittura, persone che voterebbero Pd per la prima volta. La cornice entro la quale si gioca la partita è decisamente diversa dal primo tempo andato in scena nei circoli. L’ultimo scontro, in ordine di apparizione, sull’esclusione delle liste Emiliano in Liguria e Lombardia è la prova plastica che Renzi vuole minimizzare tutto.
A far scattare la sanzione è stata la commissione di garanzia del congresso che, con il presidente Roberto Montanari, ha spiegato che tra le firme a sostegno di Emiliano nelle due regioni comparivano nominativi di persone non residenti in quei territori o, addirittura, non iscritte al Pd. Ne è seguito prima l’appello a una marcia indietro e poi il ricorso da parte del comitato del Presidente della Puglia. Ricorso terminato con la conferma dell’esclusione della lista Emiliano, non dalle regioni tout court, ma solo dai circoli in cui le firme non erano in regola. E ora la palla passa ai gazebo, dove sarà presente il fantasma delle elezioni anticipate, vero convitato di pietra dell’intera partita.