L’attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 impone a tutti noi le più restrittive misure alle interazioni interpersonali. Questo blocco rigoroso e duraturo d’isolamento sociale si traduce in un aumento del livello di solitudine percepita, che colpisce i giovani con più elevati livelli di stress poiché hanno dovuto abbandonare la loro vita quotidiana, a causa della chiusura di scuole e università, in una delle fasi di vita in cui il compito evolutivo di mostrare la propria dimensione pubblica è stato fortemente ridimensionato. Allo stato attuale la mancanza di progetti di supporto psicologico per tali target di popolazione è un atto di grave trascuratezza istituzionale. I giovani, specie adolescenti, si confermano come i grandi dimenticati della pandemia.
Ormai da tanti giorni i principali quotidiani italiani rappresentano nelle loro pagine il boom di tentativi di suicidio da parte degli adolescenti ed anche dei preadolescenti.
Il fenomeno è destinato a crescere in questo periodo d’isolamento forzato e di pressione psicologica in cui aumentano sempre più ansia, depressione, ansia e violenze domestiche. Tanti sono gli studi nel mondo per misurare gli effetti della pandemia su bambini e adolescenti re l’impatto d’isolamento e angoscia sulla loro salute mentale.
È venuta meno a loro la sicurezza che deriva dalla prevedibilità di quanto giornalmente può loro accadere. Molte sono, nei bambini e negli adolescenti, le preoccupazioni legate alle conseguenze del COVID-19. Potranno vedere gli amici e i parenti, potranno o no andare a scuola, si ammaleranno? Per i genitori diventa difficile placare le ansie dei loro figli a causa della stessa incertezza che permea la loro vita. Le sfide che devono affrontare interferiscono con la loro abituale capacità di affrontare i bisogni emotivi dei propri figli, che è comunque sempre non facile.
Le continue e nuove attuali restrizioni si stanno traducendo in una condizione di forte disagio esistenziale. V’è un aumento significativo dei disturbi del sonno, irritabilità e ansia in generale. L’Unicef ha predisposto una serie di strategie, rivolgendosi direttamente agli adolescenti, su come fare a proteggere la loro salute mentale e prendersi cura di se stessi:
1. Riconoscere che lo stato di ansia è completamente normale;
2. Creare distrazioni;
3. Trovare nuovi modi per connettersi con gli amici;
4. Concentrarsi su di sé;
5. Ascoltarsi;
6. Essere gentili con se stessi e con gli altri.
Riconoscere l’ansia aiuta a prendere la decisione di non stare con altre persone o in grandi gruppi, lavare le mani e non toccare il viso, ad esempio. Fare ciò contribuisce alla sensazione di sentirsi maggiormente al sicuro. È fondamentale, in tal senso, il contatto con gli adulti.
Creare distrazioni significa reinventarsi, provare nuove soluzioni. Si possono creare nuovi modi di comunicare, nuovi gruppi, nuove proposte, idee innovative. Pensare insieme agli altri e confrontarsi può essere importante. In rete si può fare rete emotiva!
Intraprendere attività creative come arte, musica, danza e altro può aiutare a gestire la salute mentale e il benessere di tutte e tutti. Inoltre, è fondamentale valorizzare il sistema di supporto tra pari degli adolescenti. I genitori dovrebbero incoraggiare gli adolescenti introversi a rimanere in contatto con i loro coetanei e condividere i propri sentimenti e i problemi comuni che affrontano.
Concentrarsi su sé significa, quindi, avere un’occasione per imparare a fare qualcosa di nuovo: dipingere, imparare una lingua, leggere, ascoltare musica, confrontarsi su letture chieste dai docenti o su film significativi che distraggano dai continui giochi del web, trasmessi ormai anche in tv e non di rado diseducativi. Ascoltarsi è il modo più efficace per sentirsi in contatto con ciò che stiamo vivendo. Dare un nome alla tristezza, alla paura, all’angoscia, alla rabbia e alla frustrazione significa avere il coraggio di guardare in faccia alla realtà.
Essere gentile con se stessi e con gli altri è salvifico. Nel momento in cui ci auto-distanziamo dalla nostra problematica e guardiamo a quella altrui, stiamo volgendo lo sguardo altrove ma in realtà stiamo “bonificando” la nostra anima. Non s’intrecciano le problematiche, e, al contrario, s’incontrano le strategie per vivere! In conclusione, è necessario creare una rete collaborativa, diretta e digitale, dei vari stakeholder (genitori, psichiatri, psicologi, pediatri, volontari, ecc.).
Unitamente a tale aspetto, il punto focale del sistema sanitario e della definizione delle politiche dovrebbe essere la prevenzione e la promozione della salute per soddisfare le esigenze di salute mentale della popolazione in generale, e delle fasce vulnerabili come quella rappresentata dagli adolescenti in particolare. Noi adulti e noi genitori con le nostre misure di coping influenziamo il benessere psicologico dei nostri figli. Siamo da modellamento perché testimoni. Il modo in cui noi viviamo questo tempo è uno specchio per chi ci è dinanzi.
Quella di questo tempo è un’occasione unica per apprendere responsabilità e per il nostro coinvolgimento e la nostra collaborazione nella distribuzione delle varie mansioni da svolgere. Il tempo che si trascorre con i figli è aumentato; il problema resta la qualità di questo tempo. Quando guardiamo negli occhi i nostri figli, noi dobbiamo essere con loro al 100%. Tutto il resto deve essere “parcheggiato”, messo da parte, in favore di chi conta più di tutto il resto. Li abbiamo generati e con loro siamo debitori di trasmissione di speranza concreta attraverso il gioco, il dialogo, lo scontro, la condivisione.
Siamo sempre alla ricerca strenua di grandi novità, ma di fatto non dobbiamo inventarci nulla. Dobbiamo “solo” essere presenti e preoccuparci di ciò che è essenziale. Se i ragazzi ci vedono e ci sentono, anche le ansia e le paure da Covid faranno un passo indietro lasciando spazio alla carica vitale che solo la diade madre-figlio, padre-figlio può sprigionare.
Il nostro vivere può e “deve” passare dall’ “in actum” all’ “in abitum”. La nostra capacità di affrontare questo momento in alcune azioni concrete deve diventare il nostro rassicurante “abito” quotidiano. Solo in tal modo faremo della situazione attuale un momento per reagire e ripartire in maniera differente. È così che la sofferenza potrà diventare “luogo di significato” e i cambiamento per noi e per i ragazzi.
Se la nostra presa di posizione dinanzi al Covid è quella di rilanciare e non di subire, vivremo tale momento di sofferenza passando dal resistere all’esistere, dall’esistere stentato all’esistere dando un senso più pieno al nostro vissuto.
Dobbiamo scegliere se continuare a sentirci solamente vittime del Covid-19 o se dobbiamo renderci attivi usando la nostra intelligenza (“intus legere”, capacità di leggere dentro e al di là delle situazioni) prendendo contatto con tutto ciò che abbiamo intorno a noi e affrontandolo con determinazione e coraggio.
Se lo faremo, potremo guardare in faccia il quotidiano, fare un esame di realtà ed essere, in quell’istante lì, speranza viva per i nostri adolescenti. Se gli adolescenti, anche grazie a noi, comprenderanno l’importanza di non negare la realtà, di non fare di tutto per far vedere che la si ignora, abbandonandosi al frastuono dell’emozioni o/e con la risoluzione facile del piacere che logora, avranno effettuato un passo importante. Avranno compreso come sia importante dare il lor importante contributo alla soluzione più rapida di un problema che sta creando enormi difficoltà tra i politici, i docenti, gli amministratori, le istituzioni ecclesiastiche, i medici, gli scienziati.
Come sempre, è proprio in questi giovani così provati, paradossalmente, che dobbiamo riporre ogni nostra speranza di poter uscire al più presto da questo difficile momento, alla fine del quale certamente saremo tutti più maturi, più responsabili, vincendo quella che Gramellini chiama la più grande di tutte le paure: riuscire ad essere completamente vivi!