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Partita a scacchi con Bruxelles

Provare a decifrare con correttezza e lucidità cosa si nasconda dietro al braccio di ferro fra il governo italiano e l’Unione europea non è cosa semplice. Soprattutto in questa fase. Le tensioni, supposte o presunte non cambia molto, vengono rubricate dagli analisti a questioni di tipo economico. Come se un decimale,  o una posta della manovra finanziaria scritta da Palazzo Chigi, fossero il centro del quadro e non un tassello di un mosaico ben più complesso e articolato.

Dove il nodo è solo è soltanto politico. L’Europa è una tecnocrazia, l’Italia una Repubblica parlamentare.  In ballo c’è chi decide davvero e chi deve fare cosa. Di fatto la vera flessibilità, in questo contesto, è quella delle opinioni di Bruxelles nei confronti dell’Italia, modulabili a seconda delle circostanze. Non sfuggirà a nessun un dettaglio. La Merkel sul viale del tramonto rischia di togliere ossigeno a quei Paesi che, oggi e non ieri, puntano il dito contro l’Italia. Per quanto paradossale possa sembrare, potrebbe accadere che domani, quando la parabola discendente della cancelleria sarà finito e il cancello verrà chiuso, potremmo ritrovarci a rimpiangere la Merkel e Draghi.

La loro diarchia europea, più di ogni altra cosa, ha protetto l’Italia del post Berlusconi, ondivaga e ondeggiante nell’atteggiamento da tenere. Berlino, anche se nessuno lo ammetterà mai, ha dato più credito a Roma di quanto hanno fatto i nostri governi con la Germania.  Un'Europa senza Italia non può esistere.  A patto che non deragli dai binari elastici messi sul terreno in questo anni. Arrivati sino alla loro massima tensione, senza mai strapparsi però.

Quanto sta avvenendo in questi giorni,  dunque, potrebbe essere la prova generale del post Merkel. Al netto, ovviamente, delle prossime elezioni europee. Le quali, mai come in passato, saranno un referendum sull’Unione e non una semplice competizione fra partiti e formazioni politiche. Ragionando sul concreto la risposta inviata dal nostro governo alla Commissione relativamente ai rilievi mossi da Bruxelles sulla manovra finanziaria non stupisce affatto. Invariate le stime di crescita e il rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento nel 2019. Insomma a Palazzo Chigi sono ottimisti, convinti di agganciare la ripresa grazie anche alle scelte fatte, sia in materia fiscale sia nel campo delle pensioni e dell’assistenza alle fasce più deboli. La risposta italiana è stata approvata dal Consiglio dei ministri nella serata di martedì 13 novembre 2018, ultimo giorno utile per fornire la replica, secondo le tempistiche dettate dalla Ue. Segno che la trattativa è stata lunga e che il tema non è economico ma politico .

A questo punto si fa sempre più probabile l’avvio da parte della Commissione di una procedura di infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia. La Ue non può che rispettare il proprio copione. Del resto nelle ultime settimane il governo di Roma e l’esecutivo Ue hanno avuto diversi scambi di vedute sulla manovra finanziaria varata da Movimento Cinque Stelle e Lega. Senza mai trovare un reale punto d’equilibrio. La Commissione ritiene che la stabilità dei conti italiani possa essere messa a rischio da una Legge di bilancio che fa leva su un aumento del rapporto decifit/Pil. Per contro, il governo gialloverde è convinto che una manovra espansiva sia la giusta via per dare respiro all’economia del Paese.

Il 23 ottobre Bruxelles ha sostanzialmente bocciato la manovra, anche se la decisione formale sull’eventuale procedura di infrazione sarà presa solo il 21 novembre. La scadenza del 13 novembre era stata fissata da una lettera inviata dalla Commissione il 29 ottobre e firmata dall’italiano Marco Buti, direttore generale degli Affari economici e finanziari. Nel documento si chiedevano in particolare spiegazioni sul perché, nei piani del governo Conte, il rapporto debito pubblico/Pil scenda meno di quanto richiesto. E si sottolineava che l’Italia non è in linea con gli impegni presi nel programma di stabilità. Come prevedibile, la risposta arrivata da parte italiana non accoglie le osservazioni mosse da Bruxelles. Da questo quadro si capisce che siamo di fronte ad una partita a scacchi e non ad un braccio di ferro. Perché se la Ue dovesse fare una mossa a favore dell’Italia, le altre pedine, leggi i partner europei, potrebbero reagire in modo uguale o  contrario. E dalla scacchiera passeremmo al ring….

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