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La partecipazione è il cuore della politica

Un nome, cioè quello di Giorgio La Pira. Un concetto, e cioè che la democrazia è partecipare e non parteggiare, non fare i tifosi ma dialogare. E poi il suo cavallo di battaglia, sempre più attuale, e cioè che il tempo è superiore allo spazio, quindi che ciò che conta è avviare processi, non acquisire posizioni; come una madre che partorisce, avviando un processo, che è una nuova vita.

Il discorso di papa Francesco a Trieste lo riassumerei così, sebbene vada ricordato anche che “popolo non è populismo”, che l’assistenzialismo ferisce la solidarietà e soprattutto la chiarissima ammissione iniziale, “la democrazia non gode di buona salute”. E non gode di buona salute perché nessuno avvia processi evolutivi, ma molti si accapigliano per guidare processi involutivi nei quali occupare più spazi, senza un progetto altro che la divisione, per costruire torrette, avamposti militarizzati.

Giorgio La Pira, ha ricordato Bergoglio, vedeva le città come le vittime principali delle guerre, per via del sangue versato dai loro figli: e allora le immaginava come ponti, come i nodi che creano una rete di amicizia, dialogo, solidarietà.

Senza di questo restiamo tifosi, assiepati sugli spalti a urlare contro l’uno o l’altro, la sua idea del parteggiare o partecipare è perfetta. Ne esce la fotografia della democrazia che non gode di buona salute, che usa il popolo come una clava da dare in testa all’avversario, e non come una dimensione che non è una semplice somma di individui, né un Assoluto ideologico, compatto.

Mentre molti parlano di scontro tra democrazie e totalitarismi (che c’è), Francesco vede la cartella clinica delle democrazie, che non è buona. C’è poco da gonfiare il petto, meglio espirare e curare i polmoni delle democrazie non in gran forma.

E allora il passaggio decisivo del suo discorso, che è quello del suo magistero, rimane la superiorità del tempo rispetto allo spazio, dell’avviare processi rispetto all’occupazione di casematte. E’ questa la sua forza, e al contempo la ragione, la causa del  prezzo che paga in critiche anche veementi, visto che siamo nel tempo degli identitarismi, che sono una malattia sottaciuta della democrazia. Anzi, molto vedono nella lotta identitarista l’essenza della democrazia: noi abbiamo un’unica, eterna identità e “io” la rappresento.

Per Francesco le cose non vanno così. Il pastore conosce il popolo, può stargli davanti per fare strada, ma deve soprattutto stare in mezzo al popolo, per capirlo, “fiutarlo”, e deve anche trovare la forza di andare dietro, per sospingere chi si attarda, chi rischia di perdere il contatto col gruppo. Dunque il popolo, un insieme nel quale ogni persona conta. Francesco sa bene che oltre ai voti che fanno vincere alle elezioni si contano anche i voti di chi alle urne non ci va. E’ un sintomo grave, non l’unico, di una crisi democratica perché crisi partecipativa.

E dunque? “Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile. Certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone … Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’ assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia, è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’ indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare”. Ascoltando mi sono chiesto: perché proprio puntare il dito contro l’assistenzialismo? Perché, io credo, esclude, riduce a questuanti pezzi a cui si dice che servono a niente.

Come sentirsi parte di un progetto? Il suo appello alla buona politica indica cosa ci rende partecipi: “Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto; non solo la beneficenza, prendersi cura di questo …, no: del tutto!”

Dunque è evidente che non c’è il partito cattolico nel progetto di rinnovato impegno cattolico: si è parte della società, e infatti ha ricordato che occorre “dare senso all’impegno di tutti per la trasformazione della società”.

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