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Quella parte del discorso del Pontefice agli ambasciatori completamente ignorata dai media

Nel discorso al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, Papa Francesco affronta tutte le crisi del mondo con una capacità di analisi complessiva che solo sguardo della Chiesa Universale è capace di offrire. Forte di una conoscenza basata sulla presenza in prima linea da parte dei missionari e delle Chiese locali, il Pontefice passa in rassegna tutte quelle aree segnate da conflitti ed emergenze umanitarie, individuando una risposta incentrata sul magistero della dottrina sociale della Chiesa. Cita quindi l’enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII che riconosce che la pace è possibile alla luce di quattro beni fondamentali: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà. Ucraina, Siria, Armenia, Yemen e poi ancora le tensioni in Corea, in Africa e il nucleare iraniano entrano nel suo intervento ai rappresentati diplomatici.

Ma la lettura e la denuncia di queste crisi non si limita alle questioni prettamente sociali, il Papa e la Santa Sede promuovono una visione integrale dello sviluppo umano che tocca anche questioni antropologiche. Una parte del discorso di Francesco è stata infatti completamente ignorata dai media mainstream.

Francesco chiarisce subito che “la pace esige anzitutto che si difenda la vita, un bene che oggi è messo a repentaglio non solo da conflitti, fame e malattie, ma fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto diritto all’aborto”. Parole che ricordano il discorso di Madre Teresa di Calcutta in occasione della consegna del Nobel per la pace, quando la Santa affermò che “il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto”. Francesco ha ribadito che “nessuno può vantare diritti sulla vita di un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa”. Il Papa fa un appello uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente a quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani. Il riferimento a eutanasia a suicidio assistito poi è esplicito: “Vi è una precipua responsabilità degli Stati di garantire l’assistenza dei cittadini in ogni fase della vita umana, fino alla morte naturale, facendo in modo che ciascuno si senta accompagnato e curato anche nei momenti più delicati della propria esistenza”.

Tutto questo è arrivato alle orecchie di ambasciatori e diplomatici di tutti i livelli che rappresentano Paesi dove avanzano legislazioni mortifere di ogni tipo che aprono ancora di più le voragini della disperazione. Parlando loro Francesco è tornato anche sulla crisi demografica dell’Occidente dove “appare emergere sempre più una paura della vita, che si traduce in molti luoghi nel timore dell’avvenire e nella difficoltà a formare una famiglia e mettere al mondo dei figli”. “In alcuni contesti, penso ad esempio all’Italia, è in atto un pericoloso calo della natalità – sottolinea ancora il Papa -, un vero e proprio inverno demografico, che mette in pericolo il futuro stesso della società. Al caro popolo italiano, desidero rinnovare il mio incoraggiamento ad affrontare con tenacia e speranza le sfide del tempo presente, forte delle proprie radici religiose e culturali”.

In questa cornice Francesco prosegue toccando altre minacce alla convivenza pacifica tra i popoli, ovvero le limitazioni alla libertà religiosa e le colonizzazioni ideologiche (che altro non sono che l’ideologia gender e le strampalate teorie che mirano a destrutturare l’umano). Ecco alcuni dei passaggi più significativi: “Educare esige sempre il rispetto integrale della persona e della sua fisionomia naturale, evitando di imporre una nuova e confusa visione dell’essere umano”. “Nello stesso tempo – prosegue -, è bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in Paesi dove questi non sono una minoranza. La libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione”. Francesco spiega che la libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione.

Francesco parla a tutto il mondo, tanto al cosiddetto Occidente democratico quanto alle zoppicanti società in via di sviluppo e anche ai Paesi afflitti da remigi apparentemente inscalfibili. Sempre però mettendo al centro lo sviluppo integrale della persona che non dimentichi di nutrire l’anima e l’aspetto trascendentale del bene comune. Chi specula parlando di una Chiesa ridotta ad una Ong, che si occupa esclusivamente di aspetti umanitari, è stato ancora una volta smentito. L’unica visione verticale dell’umanità e della storia, sganciata dall’utilitarismo materialista, è ancora offerta dalla cattedra di Pietro.

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