È mai esistito un mondo senza guerra? Perché l’uomo non riesce a risolvere le controversie con gli altri uomini attraverso gli strumenti del dialogo e della parola? Quindi la Storia non ha insegnato nulla? Sono queste le grandi domande che abitano oggi il cuore dei giovani. Tra i banchi di scuola vogliono sapere, capire, poter leggere le informazioni attraverso gli occhi autorevoli degli insegnanti, ancora una volta adulti dei quali fidarsi e ai quali chiedere conto di una guerra incredibile e inattesa, perché era stato loro detto che non sarebbe accaduto mai più.
Con i giovani, però, bisogna essere onesti. È il solo modo per essere credibili ai loro occhi. A loro va detta la verità: nel mondo le guerre non si sono mai interrotte. Da anni si combatte su più fronti, tanto che Papa Francesco nel 2014 ebbe a dire “Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli” e, nel 2020, “Diamo un’occhiata al mondo così com’è. Guerre ovunque. Stiamo vivendo la terza Guerra Mondiale a pezzi”. Guerra significa vite umane interrotte, interi territori distrutti, storie spezzate, sogni che non diventeranno mai progetti. Il mondo di oggi ha trasformato tutto questo in numeri, asettici e, per questo, rassicuranti, perché senza nome e senza volto.
Prendere coscienza della storia del mondo, però, significa anche imparare a guardare alle donne e agli uomini che non si sono arresi alla violenza della ragion di Stato. Si tratta dei tanti che hanno permesso alla Storia di andare avanti grazie alle loro storie. È gente che ha dato la vita per migliorare un angolo di mondo con passione, competenza e lavoro. Questi eroi silenziosi si distinguono da tutti gli altri. Si riconoscono dalle parole che usano: non combattono, ma lavorano per la pace; non si schierano contro qualcuno o qualcosa, ma stanno dalla parte degli ultimi; non sventolano bandiere, ma si inginocchiano davanti alla sofferenza del mondo per curarne le ferite.
Di questi esempi i ragazzi hanno bisogno per la più grande delle loro domande: “io cosa posso fare?”. L’educatore non può far altro che accogliere la risposta: “I care! Mi sta a cuore”. È così che si costruisce la pace, opera artigianale di cui il mondo di oggi ha bisogno.