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Nutriscore: perché potrebbe influire negativamente sul made in Italy

Il Nutriscore è un identificativo dei diversi prodotti il quale, nella velocità dell’acquisto o dell’emotività che produce attraverso l’immagine dell’etichetta a semaforo, genera nel consumatore una scelta sbagliata. Tutti gli alimenti devono essere contestualizzati nell’ambito di una dieta equilibrata relativa alla singola persona. Non si può immaginare una scelta assoluta per qualsiasi tipo di regime alimentare. Quindi, Acli Terra è assolutamente contraria al Nutriscore e propone invece un tipo di etichettatura tabellare da cui si evincono gli elementi presenti nei diversi alimenti, affinché ognuno, attraverso un sano discernimento, possa focalizzare i diversi elementi contenuti nei prodotti e, di conseguenza, scegliere uno o l’altro, contestualizzandolo così nel proprio regime alimentare.

La produzione agroalimentare mediterranea ha una grandissima varietà proprio perché, come ben si sa, uno dei paesi protagonisti del Mediterraneo è l’Italia, la quale è la nazione più ricca dal punto di vista della biodiversità. Essere ricchi su questo versante significa poter disporre di una gamma variegata di prodotti agroalimentari e quindi con diverse sfumature dal punto di vista dei contenuti nutrizionali. Spaventare i consumatori su determinati alimenti, vuol dire allontanarli dalla possibilità di variare la propria alimentazione e imporrebbe alcuni cibi a scapito di molti altri che, magari, potrebbero essere deleteri se ne abusa, ma anche utili nell’ambito di un consumo equilibrato. Qualsiasi alimento, se, se ne consuma troppo, può avere effetti deleteri e, a tal proposito, il Nutriscore, non tiene conto del tema dell’equilibrio e dell’abuso. In particolare, l’agroalimentare mediterraneo nonché quello italiano, offrono una varietà molto ampia di prodotti e, su questo versante, l’etichettatura a semaforo, andrebbe a incidere negativamente sulla capacità produttiva degli operatori del settore, ossia agricoltori e trasformatori, i quali, avrebbero paura a mettere sul mercato nuove proposte. Il consumo continuato, ad esempio, di un formaggio particolarmente calorico, nel luogo periodo, può portare dei problemi nella dieta di una persona però, nell’ambito di un consumo morigerato, è un’esperienza di gusto che dovrebbe essere fatta e non fa male. Il medesimo discorso vale per il vino, il cui problema è dato non dal consumo consapevole ma dall’abuso e, la soluzione di un tipo di etichettatura uguale a quella delle sigarette, come quella proposta dall’Irlanda, rappresenta un grave errore.

Nell’ottica di valorizzare l’agricoltura e i prodotti di eccellenza, è necessaria un’etichettatura tabellare, che riporti tutti gli elementi nutrizionali. Le persone oggi, rispetto al passato, si informano di più e fanno una spesa più consapevole. Conseguentemente a ciò, tale etichetta, valorizza di più, le attitudini e l’intelligenza dei consumatori. A tal proposito, non capisco come mai, qualche paese dell’Unione Europea, voglia promuovere la legalizzazione delle droghe leggere e penalizzare il vino, come se quest’ultimo, fosse molto più pericoloso degli stupefacenti che, è bene ricordare, fanno male anche se utilizzati in piccolissime dosi.

Nicola Tavoletta: