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La nuova geografia politica dopo il voto del 25 settembre

Il territorio ha rappresentato da sempre un elemento per comprendere le ragioni del comportamento elettorale. Fin dai primi anni di vita della Repubblica all’interno di ciascuna area geografica del Paese si stabilivano peculiari relazioni tra partiti e comunità locale. L’area dell’Italia centrale era caratterizzata da una forte concentrazione di preferenza per il programma comunista e le formazioni di sinistra riscuotevano un altissimo consenso nella c.d. Zona rossa.

Nel Nord Est vi era un significativo radicamento della cultura cattolica e della Democrazia cristiana. Dalla metà degli anni Ottanta, quella parte di territorio divenne progressivamente il bacino elettorale della neonata formazione leghista. Con la fine della c.d. Prima Repubblica e la stagione di Tangentopoli, il partito fondato da Silvio Berlusconi ottenne un successo diffuso su tutto il territorio nazionale, con l’eccezione delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna che restarono sotto l’egemonia delle formazioni di sinistra. Dal 2013 l’ascesa del Movimento 5 Stelle ha prodotto ulteriori cambiamenti nella geografia elettorale italiana, concentrando la propria affermazione soprattutto nel Sud e nelle isole maggiori. Le elezioni del 2022 hanno confermato la meridionalizzazione dei grillini che risultava già netta nelle politiche de 2018.

La competizione elettorale che inaugura la XIX Legislatura ha visto l’exploit del partito di Giorgia Meloni, passando dal 4,4 % raccolto nel 2018 al 26%. Fratelli d’Italia diviene il primo partito, con punte di consenso al Centro, (in particolare Lazio, Umbria e Marche) e nelle zone del Triveneto. Il Partito democratico perde quasi un milione di voti, con un calo più marcato al Sud, resistendo, invece, nelle storiche roccaforti di Emilia e Toscana.

Mentre Veneto e Lombardia premiano Fratelli d’Italia che prosciuga gran parte del voto del Carroccio. Matteo Salvini, nei territori tradizionalmente a trazione leghista, paga a caro prezzo l’aver revocato la fiducia al governo guidato da Mario Draghi. La parte del Paese più ricca e produttiva ha giudicato negativamente la scelta della Lega di assecondare Conte per mandare a casa l’esecutivo di unità nazionale. Pur nella complessa situazione emergenziale, il governo è riuscito a migliorare la situazione economica con la crescita dell’Italia più alta tra quelle registrate nell’Eurozona, con i conti in ordine e il raggiungimento di tutti i 45 obbiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza necessari per ottenere la seconda tranche da 21 miliardi da parte dell’Europa.

La Lega perde più di tre milioni di voti rispetto al 2018 che si spostano per una parte sul partito di Azione – Italia Viva, con una buona affermazione nelle grandi città del Settentrione, tra cui Milano, Bergamo, Torino e Firenze.

È interessante notare come proprio il territorio in cui è concentrata la maggiore ricchezza del Paese abbia deciso di dare credito a Meloni. Della leader di FdI gli elettori hanno apprezzato la capacità di interagire con il premier, anche dai banchi dell’opposizione, soccorrendo l’esecutivo sui provvedimenti economici di aiuto a famiglie e imprese e su quelli a sostegno dell’Ucraina. Con il suo sicuro posizionamento euro-atlantista e la vicinanza alla causa del popolo ucraino contro la scellerata invasione russa, Meloni ha dato rassicurazioni circa la futura collocazione dell’Italia nel contesto internazionale. Ha sorpreso in positivo anche la sobrietà del suo programma, più un invito alla responsabilità collettiva che un libro dei sogni con promesse irrealizzabili, attento al debito pubblico che continua a lievitare in modo preoccupante.

La vittoria di Fratelli d’Italia appare diversa da come la si dipinge, anche scherzosamente, di una rivincita di “Coccia de morto” su Capalbio, in cui si descrivono le periferie italiane sopraffatte dal degrado, come nel fortunato film interpretato da una superlativa Paola Cortellesi. Fratelli d’Italia somiglia molto poco al suo predecessore Alleanza nazionale che attraeva soprattutto nelle zone del Mezzogiorno. L’analisi dei flussi elettorali dimostra come non si tratti di un voto populista simile a quello all’ondata grillina che sfociò nel governo giallo-verde. Meloni stravince nel redditizio Nord mentre al Sud sconta la concorrenza del M5S che conquista il primato in Sicilia e Campania grazie alla strenua difesa del reddito di cittadinanza.

La prima donna in Italia nel ruolo di presidente del Consiglio dovrà dimostrare di voler riunificare l’Italia, provando a costruire un modello economico che punti – come chiede il Piano di Ripresa e Resilienza – all’inclusione dei territori fragili. La carenza di posti di lavoro continua a rappresentare un problema drammatico nelle zone meridionali. Solo favorendo le condizioni che rendono effettiva l’occupazione potrà essere raggiunto l’obiettivo di restituire dignità ai giovani. Per rinsaldare il patto costituzionale di cittadinanza, in cui primeggia il lavoro, fondamentale diritto di libertà e dovere di solidarietà sociale.

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