La Sla, Sclerosi laterale amiotrofica, è una malattia neurodegenerativa che colpisce le cellule cerebrali che determinano il movimento, i motoneuroni. La Sla colpisce il motoneurone centrale e periferico e determina una mancanza di funzionalità motoria a livello di tutti i muscoli. Normalmente esordisce interessando i muscoli degli arti inferiori o superiori, per cui i primi sintomi sono stanchezza muscolare, facile affaticabilità, diminuita resistenza nel fare movimenti, lavori, esercizi di ginnastica. Progressivamente tutte le aree muscolari vengono interessate e, quando la malattia è in uno stadio avanzato, vengono interessati anche i muscoli che riguardano la respirazione e la deglutizione, per cui il paziente con Sla avanzata non riesce a deglutire sia liquidi che solidi, e poi, in un secondo momento, fa fatica a respirare sia i muscoli intercostali che il muscolo diaframma – i muscoli della gabbia toracica che determinano il meccanismo di espirazione e inspirazione – non funzionano più. Questo richiede l'intervento dall'esterno di tecniche che sono facilitatorie, sia per quanto riguarda l'alimentazione che la respirazione.
Bisogna innanzitutto dire quali sono queste tecniche. Il paziente non essendo in grado di deglutire, deve essere alimentato, inizialmente applicando un sondino naso gastrico, nelle fasi più avanzate della malattia viene fatta la cosiddetta peg: ossia viene praticato un forellino nella parte alta dell'addome si può arrivare direttamente allo stomaco e somministrare alimentazione e nutrizione. Per quanto riguarda la respirazione, può venire a un certo momento una condizione per la quale bisogna favorire il transito dell'aria e allora si deve fare la cosiddetta tracheostomia.
E' sbagliato dal punto di vista filosofico e antropologico far dipendere la dignità della persona dalla propria efficienza. Il fatto che una persona abbia bisogno di una respirazione meccanica o dell'idratazione e nutrizione, non diminuisce la dignità che si deve ad ogni persona umana, per il fatto stesso di essere persona umana, la dignità è sempre il 100 per cento. Non è l'efficienza, non è la capacità di svolgere compiti o funzioni che determina la nostra dignità. Anzi, oserei dire, che in una visione di una vera civiltà, quanto più una persona presenta delle necessità per le quali deve far conto su un aiuto di terze persone, tanto più questo una società civile dovrebbe lo considera come un dovere di solidarietà alla quale nessuno può revocare o chiedere di essere estromesso. E' gravissimo, anche dal punto di vista deontologico medico, considerare queste persone come se fossero degli scarti di cui liberarsi e di cui la società può tranquillamente farne a meno. Purtroppo la deriva relativistica da una parte, e nichilista dall'altra, che stiamo vivendo a livello generale, sta portando verso l'idea che le persone con Sla, Parkinson o Alzheimer siano degli scarti che possono essere eliminati.
Il compito della medicina da Ippocrate, quindi tre secoli prima di Gesù Cristo, ad oggi, è sempre stato quello di aiutare le persone malate e, laddove possibile, riportarle alla guarigione e quindi alla pienezza della vita; è stato quello di lenire e alleviare il dolore. E' una vera deriva antropologica e civile pensare che la medicina possa essere destinata alla soppressione dei malati. E' un controsenso filosofico, ma anche etimologico, trasformare la medicina in un'arte per uccidere gli uomini. La medicina è nata, nasce e spero che continui ad essere a favore della vita, della salute e del lenimento del dolore e che si voti ad una relazione per la quale il medico sia l'attore di un evento mortifero trovo che sia da condannare al cento per cento.
La ricerca è fervente in tutto il mondo per tutte le malattie neurodegenerative, e quindi anche per la Sla. Purtroppo al momento dire che abbiamo in mano elementi che facciano sperare in tempi brevi una vera e propria terapia non ci sono. C'è una ricerca molto operosa, viva e applicata, ma i risultati clinici da applicare all'uomo sono, al momento, molto molto scarsi. Il grosso problema è quello di trovare qualcosa che blocchi il processo degenerativo che blocca questi neuroni. Una frontiera è quella dell'utilizzo delle cellule staminali, ossia fare in modo che l'organismo del soggetto produca dei motoneuroni nuovi e sani attraverso il trapianto di cellule staminali. Si tratta di uno scenario non impossibile, ma futuribile, ma per il momento siamo molto lontani dal poter dire di essere su una buona strada riguardo alla terapia umana.