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Nell’epidemia, riscopriamo l’affidamento a Dio

Coronavirus, la riflessione di Michele Di Bari

Un estraneo si aggira tra le nostre contrade dal nord al sud dā€™Italia ed ha costretto a cambiare repentinamente, e, come ci auguriamo, temporaneamente, le abitudini, le relazioni sociali, addirittura anche le modalitĆ  di svolgimento della preghiera e delle celebrazioni liturgiche, che per secoli hanno accompagnato e legato, allā€™interno dello spazio sacro di una chiesa, la comunitĆ  dei credenti al Creatore. Questo corpo estraneo e pericoloso si ĆØ insinuato nelle sagrestie fino ad entrare nelle navate delle chiese, chiuse ai fedeli .

ƈ chiamato Coronavirus e lā€™autoritĆ  statale lo sta contrastando con misure straordinarie, adeguate all’eccezionalitĆ  della situazione, emanando direttive che sono state immediatamente applicate dai vescovi, al punto che ĆØ stata una vera novitĆ  assistere in qualche storica cattedrale , tramite la televisione , alla celebrazione del mercoledƬ delle ceneri in un ambiente deserto e con i banchi dei fedeli vuoti, che il popolo dei credenti ĆØ stato costretto, per decreto, ad abbandonare. Si ĆØ trattato di una decisione governativa improntata a comportamenti prudenziali per evitare il contagio, ed ĆØ indubbio che, sotto il profilo propriamente civile , la chiusura delle chiese ĆØ stata una risposta di legalitĆ  e di responsabilitĆ . In sintesi, si ĆØ trattato di una presa di coscienza dellā€™obbligo di far prevalere, in questa situazione di emergenza eccezionale, i doveri e le esigenze del cittadino su quelli del fedele credente.

In altri termini, la chiusura delle chiese ĆØ stata una scelta che ha privilegiato il cittadino rispetto al fedele, che nei duemila anni di storia del Cristianesimo ha affrontato le tante epidemie e pandemie con lā€™unico strumento che conosceva: la preghiera personale; la preghiera comunitaria; gli esercizi di pietĆ  popolare; le celebrazioni riparatorie. Ci si rimetteva con totale fiducia all’assicurazione del Salmista: ā€œIl Signore ĆØ mia luce ĆØ mia salvezza, di chi avrĆ² timoreā€.Si fa fatica, oggi, ad affidarsi a questa invocazione per chiedere il miracolo della guarigione.

Vi sono tuttavia alcuni, isolati casi in cui alcuni vescovi e preti hanno ripreso lā€™antica tradizione medievale di spalancare le porte degli edifici di culto per riunire i fedeli e pregare insieme a loro.Ā  In linea di massima si ĆØ cercato, perĆ², di ripararsi sotto lā€™egida della norma laica, che, pure, avrebbe consentito di tenere aperte le chiese limitando il numero dei fedeli e gli eventuali assembramenti, e consentendo, cosƬ, di rispettare sia le direttive dellā€™autoritĆ  statale, sia lo spirito cristiano.Ā  Forse questa vicenda dimostra che sul fronte cattolico vi ĆØ la necessitĆ  di recuperare il senso dellā€™affidamento a Dio, onde affrontare una situazione in cui si ĆØ incalzati dal dubbio, e, per vincerlo, si cerca, nella preghiera, la certezza dellā€™eternitĆ  .

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