Un estraneo si aggira tra le nostre contrade dal nord al sud dāItalia ed ha costretto a cambiare repentinamente, e, come ci auguriamo, temporaneamente, le abitudini, le relazioni sociali, addirittura anche le modalitĆ di svolgimento della preghiera e delle celebrazioni liturgiche, che per secoli hanno accompagnato e legato, allāinterno dello spazio sacro di una chiesa, la comunitĆ dei credenti al Creatore. Questo corpo estraneo e pericoloso si ĆØ insinuato nelle sagrestie fino ad entrare nelle navate delle chiese, chiuse ai fedeli .
Ć chiamato Coronavirus e lāautoritĆ statale lo sta contrastando con misure straordinarie, adeguate all’eccezionalitĆ della situazione, emanando direttive che sono state immediatamente applicate dai vescovi, al punto che ĆØ stata una vera novitĆ assistere in qualche storica cattedrale , tramite la televisione , alla celebrazione del mercoledƬ delle ceneri in un ambiente deserto e con i banchi dei fedeli vuoti, che il popolo dei credenti ĆØ stato costretto, per decreto, ad abbandonare. Si ĆØ trattato di una decisione governativa improntata a comportamenti prudenziali per evitare il contagio, ed ĆØ indubbio che, sotto il profilo propriamente civile , la chiusura delle chiese ĆØ stata una risposta di legalitĆ e di responsabilitĆ . In sintesi, si ĆØ trattato di una presa di coscienza dellāobbligo di far prevalere, in questa situazione di emergenza eccezionale, i doveri e le esigenze del cittadino su quelli del fedele credente.
In altri termini, la chiusura delle chiese ĆØ stata una scelta che ha privilegiato il cittadino rispetto al fedele, che nei duemila anni di storia del Cristianesimo ha affrontato le tante epidemie e pandemie con lāunico strumento che conosceva: la preghiera personale; la preghiera comunitaria; gli esercizi di pietĆ popolare; le celebrazioni riparatorie. Ci si rimetteva con totale fiducia all’assicurazione del Salmista: āIl Signore ĆØ mia luce ĆØ mia salvezza, di chi avrĆ² timoreā.Si fa fatica, oggi, ad affidarsi a questa invocazione per chiedere il miracolo della guarigione.
Vi sono tuttavia alcuni, isolati casi in cui alcuni vescovi e preti hanno ripreso lāantica tradizione medievale di spalancare le porte degli edifici di culto per riunire i fedeli e pregare insieme a loro.Ā In linea di massima si ĆØ cercato, perĆ², di ripararsi sotto lāegida della norma laica, che, pure, avrebbe consentito di tenere aperte le chiese limitando il numero dei fedeli e gli eventuali assembramenti, e consentendo, cosƬ, di rispettare sia le direttive dellāautoritĆ statale, sia lo spirito cristiano.Ā Forse questa vicenda dimostra che sul fronte cattolico vi ĆØ la necessitĆ di recuperare il senso dellāaffidamento a Dio, onde affrontare una situazione in cui si ĆØ incalzati dal dubbio, e, per vincerlo, si cerca, nella preghiera, la certezza dellāeternitĆ .