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Nella pandemia viviamo il tempo dell’attesa

L’amore vero può fare a meno anche dei gesti belli dell’amore. In casi particolari, naturalmente. E quelle che stiamo vivendo non sono certamente giornate ordinarie. Mai come in questi giorni siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi, in qualsiasi situazione ci troviamo. Ognuno deve fare la sua parte, piccola o grande che sia. Mi sentirei un vigliacco se non facessi tutto ciò che mi tocca fare perché l’epidemia che ci è cascata addosso all’improvviso non abbia a essere al più presto debellata.

Noi preti ci sentiamo, per così dire, spaesati. Non essendo abituati a rimanere in casa per giornate intere, il doverlo fare ci lascia alquanto frastornati. Ci manca il contatto vivo con la comunità, ci manca soprattutto la celebrazione eucaristica col popolo santo di Dio. C’è chi, in queste ore, ci rimprovera di aver ceduto allo Stato laico, chi approva le decisioni dei vescovi italiani, chi ritiene che sia mancanza di fede privare i credenti della Messa. Tutti meritano rispetto e comprensione. Ma tutti abbiamo il dovere di fare un salto di vera fede per contribuire al bene dei fratelli non solo italiani, ma dell’intera umanità.

Mai come in questi giorni abbiamo tutti bisogno di un bagno di umiltà, a cominciare da chi scrive, anch’egli chiuso in casa per obbedire agli ordini. Qualche fratello, buono come il pane, innamorato di Cristo e della Chiesa, addolorato per l’impossibilità di partecipare alla Messa giornaliera, mi ha ricordato come nei secoli passati, durante le varie epidemie, tanti cristiani non hanno avuto timore di esporsi al contagio per servire il prossimo. E ci hanno rimesso la vita.

Ad esempio portava san Damiano Veuster, sbarcato volontarimante nell’isola di Molokai e morto poi lebbroso tra i suoi lebbrosi. O di san Rocco da Montpellier, il pellegrino francese venuto in Italia e morto di peste per essere corso in aiuto agli appestati. È vero, nell’ interminabile lista dei santi che la Chiesa annovera, ci sono donne e uomini veramente eroi, che non hanno anteposto la salute alla carità. Non credo che il braccio della Provvidenza si sia accorciato nel nostro tempo. Non credo, cioè, che oggi, in Italia, mancherebbero cristiani, preti e suore disposti a servire il prossimo anche mettendo a repentaglio la propria vita. No, non è la fede che difetta; non è l’amore all’ Eucarestia che è venuto meno. Al contrario.

Sbarcando sull’isola dei lebbrosi, padre Damiano era cosciente del rischio che correva. Il motivo che lo spinse fu uno sviscerato amore per i fratelli e le sorelle, che venivano abbandonati a marcire nelle Hawaii. Sentì di essere chiamato, obbedì, andò, si fece uno con loro. Sull’esempio del suo Signore volle servire i fratelli lebbrosi senza chiedere niente in cambio. Non divenne un pericolo per nessuno; dopo aver contratto la lebbra non scappò da Molokai; non si fece propagatore del terribile morbo. Stessa cosa per san Rocco.

Per noi, oggi, le cose non stanno così. Le nostre Messe con il popolo sono state – con grande sofferenza dei nostri vescovi e nostra – sospese, per un tempo limitato, non per il timore che i preti si infettassero, ma nel tentativo di impedire al contagio di propagarsi. Siamo all’opposto di quel che sembrava a prima vista. Ci è stato chiesto addirittura di non celebrare i funerali in chiesa ai nostri parrocchiani, cosa che provoca nei loro familiari sconcerto e dolore. Eppure, a malincuore, i nostri vescovi hanno ritenuto di doverlo fare. Non tanto per mettere al riparo i loro preti ma per salvaguardare la salute di tutti, a cominciare dai parenti e dagli amici del defunto.

La Chiesa italiana ha sentito essere suo dovere dare l’esempio, in momenti come questi. Non ci è stato chiesto di rinunciare alle nostre celebrazioni per motivi ideologici o politici. Il popolo italiano ci sta a cuore. La persona umana è destinataria dell’amore di Dio. La Chiesa che è in Italia, da sempre a servizio degli italiani, continua a esserlo in questi giorni con modalità diverse. “Il prezzo da pagare, però, è alto” ha detto qualcuno. È vero. Molto più alto di quanto si possa credere. Proprio per questo ha un valore immenso. Ciò che vale molto, costa molto. La salute degli italiani, il ritorno alla serenità, il riprendere insieme il cammino della vita, il desiderio di liberare quanto prima l’umanità da questa epidemia, sono valori troppo alti per non vederci in prima linea. Stiamo vivendo il tempo dell’attesa. Non sappiamo quanto durerà la nostra vigilia. Una cosa è certa, dopo la croce verrà la resurrezione. E sarà Pasqua. Crediamoci. E lavoriamo insieme.

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