Con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (UDHR), proclamata dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948, la comunità internazionale ha riconosciuto a ciascun essere umano – senza distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione – diritti e libertà fondamentali.
Questo impegno, accettato e ratificato da quasi tutti gli Stati del nostro tempo, dovrebbe costituire una garanzia perché i diritti dell’uomo diventino, in tutto il mondo, principio fondamentale dell’azione per il bene dell’essere umano. Tali valori, principi e diritti sono anche inscritti nella Costituzione italiana che sta alla base della nostra Repubblica e nel Trattato sull’Unione Europea.
L’UDHR – deliberatamente collegata con la Carta delle Nazioni Unite, con cui condivide una comune ispirazione – è il testamento universale dei valori di uguaglianza, giustizia e dignità umana, della tutela della persona e del diritto internazionale umanitario. In tale testo è, pertanto, rinvenibile, il riconoscimento universale dei diritti umani, di quei diritti, cioè, ascrivibili universalmente agli esseri umani in quanto soggetti, individui eguali e liberi aventi un valore intrinseco e dignità. La Dichiarazione Universale è chiara: riconosce i diritti che proclama, non li conferisce; essi, infatti, sono inerenti alla persona umana ed alla sua dignità. Da tale assunto consegue che nessuno può legittimamente privare di questi diritti un suo simile.
I diritti umani sono, inoltre, inalienabili, indivisibili, interdipendenti e correlati, universali e stabiliscono garanzie moralmente dovute a ogni uomo in quanto tale. Essi rappresentano per tutti un obbligo morale e un presidio di civiltà perché, come affermato da Papa Francesco, “negare i diritti fondamentali: il diritto a una vita dignitosa, a cure fisiche, psicologiche e spirituali, a un salario giusto, significa negare la dignità umana”.
Nel rispetto dei diritti umani alberga anche “il segreto della pace vera” come leggiamo nel messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II, per la celebrazione della XXXII giornata mondiale della pace (1° gennaio 1999).
Già nel 1979, nella Enciclica Redemptor hominis del sommo Pontefice Giovanni Paolo, veniva magistralmente illustrato come “la pace si riduce al rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo – opera di giustizia è la pace, mentre la guerra nasce dalla violazione di questi diritti e porta con sé ancor più gravi violazioni di essi”.
Eppure, ogni giorno assistiamo alla violazione dei diritti umani fondamentali nei territori di guerra. Conflitti armati i cui effetti dannosi, come noto, si estendono ben oltre il campo di battaglia, con la guerra che si riverbera in ogni aspetto dello sviluppo umano, minando la salute, l’istruzione, i mezzi di sussistenza, l’accesso ai beni di prima necessità come cibo e acqua, così come le istituzioni politiche e la crescita economica.
Del resto, è l’Alto Commissario per i Diritti Umani a ricordarci che “ci troviamo in un periodo storico particolarmente pericoloso, in particolare quando il disprezzo e la mancanza di rispetto per il diritto internazionale umanitario e per il diritto internazionale dei diritti umani sta raggiungendo un crescendo assordante”.
Dai dati che emergono dall’edizione 2024 del Global peace index, pubblicato a giugno, (Global Peace Index – Institute for Economics & Peace) nel mondo sono attivi 56 conflitti (il numero più alto mai registrato dalla fine della seconda guerra mondiale) che sono sempre più internazionalizzati, con 92 Paesi impegnati in conflitti oltre i loro confini. Il quadro desolante è quello della “terza guerra mondiale a pezzi” su cui tante volte Papa Francesco ha cercato di sensibilizzare i leader politici e l’opinione pubblica globale. E ciò “è intollerabile!”, come gridato a gran voce dallo stesso Pontefice nella Giornata mondiale del malato alla preghiera dell’Angelus.
Purtroppo, oggi nel mondo, non solo nei teatri di guerra, i diritti umani continuano ad essere violati, calpestati, ignorati e “se i diritti dell’uomo vengono violati in tempo di pace, ciò diventa particolarmente doloroso e, dal punto di vista del progresso, rappresenta un incomprensibile fenomeno della lotta contro l’uomo, che non può in nessun modo accordarsi con un qualsiasi programma che si autodefinisca ‘umanistico’”, prendendo in prestito quanto affermato nella sempre attuale Enciclica Redemptor hominis.