Il 1° agosto Marcell Jacobs è entrato nella storia vincendo l’oro nei 100 metri alle Olimpiadi di Tokyo 2020 con l’incredibile tempo di 9”80. Questo avvenimento non è proprio andato giù a inglesi e americani, i cui atleti sono stati rispettivamente squalificati per falsa partenza e classificati secondi. Diverse grandi testate inglesi e americane, tra cui il Washington Post, il Daily Mirror e il New York Times, non sono state per niente delicate con Marcell Jacobs, accusandolo di doping.
Questa accusa sembra estremamente strumentale se solo consideriamo: 1) il sistema italiano estremamente valido di controllo doping degli atleti 2) le modalità di preparazione atletica e di allenamento dei nostri atleti e non ultimo 3) la favorevolissima combinazione genetica, possibile spiegazione delle eccezionali prestazioni di Marcell Jacobs.
Questa vicenda tuttavia permette di fare un ulteriore considerazione: ancora una volta si ripropone una netta contrapposizione fra la cultura mediterranea e quella anglosassone e d’oltreoceano, quest’ultime dedite alla vittoria e alla egemonia economica e poco inclini ad accettare anche le sconfitte e le difficoltà della vita. Eppure le Olimpiadi sono nate presso la città di Olimpia nell’Antica Grecia, storicamente culla della cultura mediterranea insieme all’Italia. In una visione non esclusivamente economico-centrica rimango dell’auspicio che, come nelle Olimpiadi abbiamo assistito ad una storica vittoria dello sport italiano contro i rivali anglosassoni e statunitensi, si possa assistere al più presto ad un rinnovato prestigio della cultura mediterranea nei confronti di quella anglosassone e d’oltreoceano.
Parlare di sport mi riporta sempre, per profonda convinzione professionale e personale, a parlare di cuore. Abbiamo appena narrato le vicende dell’eroe sportivo italiano del momento, colui che insieme a tutti gli altri nostri eroi delle Olimpiadi di Tokyo aiuteranno i ragazzi e le ragazze italiane a rimettere lo sport al primo posto (insieme allo studio). Ebbene non dimentichiamoci della prevenzione del cuore dei nostri giovani sportivi. La prevenzione è l’arma in più che abbiamo per vincere l’imprevisto, quel momento per fortuna molto raro che capita a pochissimi ma che può accadere a tutti. L’attimo fatale, il punto di non ritorno, l’irreparabile che fa diventare lo sport maledetto per le famiglie del giovane che ne subisce l’attacco.
Per questo ho scritto il libro “Cardiozoom sui giovani – obiettivo sconfiggere la morte cardiaca improvvisa“, edito da Antezza. Il libro che nasce dalla convinzione dell’assoluta necessità di avvicinare i giovani alla prevenzione cardiovascolare e prima di tutto all’informazione. Con un linguaggio chiaro e semplice si fornisce, da una parte, un quadro dettagliato degli aspetti che influenzano la vita quotidiana dei ragazzi, come lo sport, l’alimentazione e le diverse abitudini; dall’altra, vengono illustrati i meccanismi fisiopatologici alla base di un fenomeno sempre più frequente, divenuto argomento di cronaca: la morte cardiaca improvvisa nei giovani. Se il riconoscimento precoce dei ragazzi potenzialmente a rischio è l’arma più efficace per ridimensionare questo grave problema, la prevenzione secondaria, attraverso l’uso del defibrillatore semiautomatico esterno e i corsi di rianimazione cardiopolmonare, rappresenta l’unico strumento valido affinché un evento drammatico non diventi fatale.