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Migranti, quel mondo diviso tra muri e speranza

Oggi 18 dicembre si celebra la Giornata Internazionale dei diritti del migrante. La data scelta intende ricordare il 18 dicembre 1990, giorno in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

In essa si riconosce la specifica situazione di vulnerabilità dei lavoratori migranti e prevede il rispetto dei diritti umani dei migranti, proponendo una serie di disposizioni per combattere gli abusi e lo sfruttamento dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. A questo proposito è significativo l’art. 9 in cui si sancisce il “diritto alla vita dei lavoratori migranti”: già negli anni ’70 – quando si iniziò a lavorare alla stesura della Convenzione – era ben nota la pericolosità delle rotte migratorie. In essa si trova inoltre la definizione internazionale di “lavoratore migrante” e si stabiliscono standard internazionali per il trattamento dei migranti e delle loro famiglie. Lo scopo è quello di prevenire da un lato lo sfruttamento delle persone (art. 10) e dall’altro gli ingressi illegali (art. 68).

Quello delle migrazioni è il tema dei temi, quello che viene affrontato da ogni paese del mondo: quelli di partenza, quelli di transito e quelli di destinazione dei migranti. Sebbene con punti di vista e obiettivi differenti. Sul tema delle migrazioni l’Europa ha rischiato di frantumarsi nel 2015 quando fu investita da un’ondata di persone in movimento senza precedenti. Neanche la crisi economica aveva messo così sotto pressione l’Unione Europea.

Oggi il mondo è diviso tra i paesi da dove partono le persone in cerca della speranza di un lavoro e quindi di un futuro migliore ed i paesi che erigono muri – reali o legislativi – per respingere queste persone. Le migrazioni sono sempre esistite, è vero. La differenza col passato è l’abbattimento dei costi di trasporto e dunque la maggior facilità negli spostamenti. È il risultato finale della globalizzazione.

La Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti ben riflette questo conflitto tra i paesi di origine e quelli di destinazione. Ad oggi la Convenzione è stata infatti ratificata soltanto da 59 Stati, tutti appartenenti ai paesi da cui partone le rotte migratorie, e da nessun paese occidentale. Neanche dall’Italia. La redazione della Convenzione iniziò negli anni ’70, fu approvata nel 1990 ed entrò in vigore nel 2003, 13 anni dopo l’approvazione, nel momento in cui si raggiunse il numero minimo di ratifiche. Tuttavia con con così pochi paesi aderenti è – di fatto – uno strumento inutile.

Eppure un’efficace convezione Onu sarebbe l’unico modo per gestire in maniera sicura e legale il fenomeno delle migrazioni. Una gestione nazionale – come avviene oggi – è semplicemente inefficace. Lo osserviamo in Europa dove da anni non si trova un accordo sulla riforma del Regolamento di Dublino che impone al Paese di approdo di farsi carico delle richieste di asilo. L’unico vantaggio della gestione nazionale delle migrazioni risiede nel consenso elettorale di cui beneficiano i politici che insistono sulla paura degli stranieri e sulla conseguente chiusura delle frontiere. In tutto il mondo, nelle più diverse culture, quello della lotta ai migranti illegali è un tema che porta consensi. Anche in quei paesi a bassa natalità, come in pressoché l’intero occidente, in cui c’è bisogno di manodopera per una serie di lavori ed in cui c’è bisogno di rendere sostenibile la gestione del sistema pensionistico.

Ecco allora che una nuova Convezione delle Nazioni Unite sulle migrazioni potrebbe individuare strumenti per gestire in modo legale e sicuro le rotte di milioni di persone. Una Convenzione come un’alleanza tra i paesi di origine, transito e destinazione dei migranti per garantire a tutti una nuova speranza.

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