Ogni volta che si tratta l’argomento della Memoria mi chiedo cosa è possibile fare per non banalizzare il ricordo della Shoah. Non è un’impresa facile, tutt’altro. Perché la storia è una sola e racconta lo sterminio – quasi portato a termine – degli ebrei nei campi nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. E perché un sinonimo di Shoah non esiste e solo in quella parola si può concentrare l’urlo di milioni di anime barbaramente deportate da ogni angolo della nostra Europa per poi finire nelle camere a gas.
Eppure dobbiamo sforzarci per far sì che il 27 gennaio, anche questo Giorno della Memoria 2017, non assuma il sapore del rito e della celebrazione istituzionale. Un esercizio che oggi siamo ancora in grado di fare grazie alla presenza dei pochi sopravvissuti che attraverso i loro racconti dell’orrore riescono a fissare nelle nostre menti quel tragico ricordo. Ma domani, quando purtroppo passeranno a noi il testimone della narrazione della Shoah, cosa saremo in grado di consegnare ai nostri nipoti? Accanto al ricordo di Auschwitz Birkenau, il Giorno della Memoria deve trasmettere un messaggio, un insegnamento che sia alla base del motivo per cui i sopravvissuti sono sopravvissuti. Sami Modiano, che è stato deportato a Birkenau, dice sempre ai ragazzi che incontra: “Io vi racconto ciò che ho vissuto affinché non succeda mai più”.
Ecco quindi che celebriamo il Giorno della Memoria non solo per ripercorrere il passato ma anche per costruire un migliore futuro. La prima cosa da imparare da Auschwitz è che Auschwitz non nasce dal nulla. Auschwitz non è la macchina della morte piombata all’improvviso al centro dell’Europa. Auschwitz è solo il più tragico e ultimo tassello di un lungo percorso. Che inizia nelle nostre strade, nei paesi anche italiani, della profonda provincia o della viva città, dove il vicino di casa diventa improvvisamente un “diverso”, un cittadino di serie B. E a pochi è importato se quel vicino ebreo improvvisamente non poteva andare a scuola, lavorare, insegnare, vivere come gli altri suoi simili. In un’escalation progressiva, talvolta lenta, la società ha messo in un angolo gli ebrei e poi è rimasta in silenzio – tranne eccezioni – quando è arrivato il momento delle deportazioni. Anzi, alcuni hanno collaborato alle deportazioni dei loro concittadini.
Eppure, forse, non sono stati loro i peggiori. La maggioranza, la massa, è rimasta nell’indifferenza. Si è vista prima declassare e poi deportare verso la morte i propri amici ebrei restando in silenzio. Il Giorno della Memoria ci insegna che non possiamo distrarci, che dobbiamo essere attenti, che dobbiamo avere cura dei nostri comportamenti di tutti i giorni, che dobbiamo avere a cuore il prossimo, che dobbiamo guardarci intorno e capire se c’è il nostro vicino di casa che è stato messo nell’angolo. Se non lo facciamo, se permettiamo che altri esseri umani siano trattati come esseri umani di serie B, se permettiamo che un nero sia inferiore a un bianco, se permettiamo che un musulmano sia solo un terrorista, se permettiamo che un immigrato sia solo un clandestino, se permettiamo questo allora sappiamo che l’Uomo ha già dimostrato di poter costruire Auschwitz e dove la mente umana è arrivata può purtroppo tornare.
La Shoah è un fatto unico nella Storia. Va ricordata per questo. E perché non si ripeta.
Portavoce italiano
del World Jewish Congress