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Marce, slogan e cortei danno diritto e autorizzazione a interrompere una vita?

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Dopo l’entrata in vigore nel Texas della una nuova legge sull’aborto, che vieta le interruzioni volontarie di gravidanza dopo la sesta settimana, anche in caso di stupro e incesto, è tornato negli USA il “Rally for Abortion Justice” attraverso la marcia delle donne in varie città, al fine di protestare contro una legge definita troppo restrittiva e sulla quale si dovrà pronunciare il 1 Dicembre la Corte Suprema Americana, la stessa che nel 1973 con la storica sentenza Roe v. Wade di fatto l’aveva legalizzato. L’unica eccezione prevista dalla legge Texana, è quella del pericolo per la salute della donna.

La protesta, inevitabilmente, assume una connotazione politica tra Repubblicani e Democratici. La presidenza Trump infatti, al contrario della precedente, mise al bando finanziamenti Usa per le ong che sostenevano l’aborto nel mondo, proibendo inoltre l’erogazione di fondi pubblici per le IVG (interruzione volontaria di gravidanza) negli Stati Uniti. Biden ha poi di nuovo ripreso la linea della presidenza Obama e, pur dichiarandosi personalmente contrario all’interruzione di gravidanza, ha di fatto ristabilito la situazione quo ante attaccando la legge Texana e assicurando che: il diritto all’aborto “stabilito quasi cinquant’anni fa” sarà difeso e protetto da quella che ha definito la “legge radicale” entrata in vigore in Texas.

Nel suo documento “Clinical management of severe acute respiratory infection (SARI) when COVID-19 disease is suspected”, diffuso nel marzo 2020, proprio all’inizio della pandemia, l’OMS, ribadiva: “Le scelte e i diritti delle donne in materia di salute sessuale e riproduttiva dovrebbero essere rispettati indipendentemente dallo status di Covid-19, includendo l’accesso alla contraccezione e all’aborto sicuro nella misura massima consentita”.

A conferma di ciò (premesso che, statisticamente, gli aborti non sono inclusi tra le cause di morte ma figurano in una categoria a parte) il loro numero sovrasta abbondantemente tutte le altre. Considerando che alla fine di settembre i morti per il Covid-19 nel mondo sono stati circa 4.800.000, c’è da riflettere se si pensa che sul fronte dell’aborto il sito Worldmeters.info, che quotidianamente e istantaneamente aggiorna tutti i dati demografici disponibili, stima che alla fine del 2021 le interruzioni di gravidanza si attesteranno tra i 44 e i 45 milioni, cifre impressionanti che non meritano alcun commento se non un invito alla riflessione.

Questi dati, riflettono il trend anche del nostro Paese dove infatti, a più di quaranta anni dall’entrata in vigore della legge 194, sono stati eseguiti ufficialmente circa sei milioni di aborti volontari. A questi vanno poi aggiunte le IVG “nascoste”, vale a dire quelle che si verificano in un 15% dei casi di assunzione dei così detti contraccettivi d’emergenza “pillola del giorno e dei 5 giorni dopo”. Basti pensare infatti che nel solo 2018, ne sono state vendute 573.100 confezioni, a fronte delle 363.600 del 2012, con un incremento in sei anni di più del 58%.

Nell’affrontare la problematica dell’IVG, non si può non tener conto del progresso tecnologico in ambito scientifico che, rispetto all’epoca della legiferazione della 194 nel nostro Paese, ha aperto orizzonti nuovi riguardo all’embrione rispetto a quello che le femministe dell’epoca, definivano “grumo di sangue”.

Oggi infatti rispetto ad allora, ad esempio attraverso l’ecografia, siamo in grado di ascoltare addirittura il battito cardiaco fetale intorno alla sesta settimana di vita, ed ascoltare quel “dolce ritmo” che deve poterci porre delle domande: ciò che sto ascoltando è il cuore di mio figlio? E se attraverso l’aborto l’interrompo, spezzo la sua vita? Perché questo è il punto, l’autodeterminazione, il diritto, le marce, gli slogan, i cortei, i cartelli, le rivendicazioni, danno il diritto e l’autorizzazione a interrompere una vita?

Il Santo Padre è stato molto chiaro a riguardo, usando per certi versi un linguaggio forte: “Il problema della morte non è un problema religioso, stai attento: è un problema umano, pre -religioso, è un problema di etica umana. Poi le religioni lo seguono, ma è un problema che anche un ateo deve risolvere in coscienza sua. Io faccio due domande a una persona che mi fa pensare a questo problema. Io ho il diritto di fare questo? La risposta scientifica: la terza settimana, quasi la quarta, ci sono tutti gli organi del nuovo essere umano nel grembo della mamma, è una vita umana. Io faccio questa domanda: è giusto cancellare una vita umana per risolvere un problema, qualsiasi problema? No, non è giusto. E’ giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Uno che uccida la vita umana? Questo è il problema dell’aborto”.

Stefano Ojetti: