Madre Teresa, una donna straordinaria. E’ davvero difficile concentrare in poche battute i pensieri che nascono in me pensando a lei. Ci provo, tentando di fare una sintesi, soprattutto pensando ai giovani e al loro futuro, perché sia più equo e giusto, insomma più umano. Parto citando le sue parole: “Qual è la peggiore sconfitta? Scoraggiarsi!”. Parole di straordinaria attualità. Spesso, infatti, anche nel compiere il bene, il rischio è quello di scoraggiarsi, perché sono necessari tanta determinazione, metodo e costanza proiettati nella lunga durata; a volte si sperimenta anche molta solitudine, mentre si devono gestire le naturali resistenze al cambiamento che vengono dai fronti più diversi. E’ allora necessario mantenere quell’umiltà che aiuta però a discernere i saggi consigli che vanno colti nel mare magnun delle cose che debbono essere lasciate cadere.
Per non scoraggiarsi occorre un sano realismo. E’ necessario riconoscere che queste dinamiche sono naturali, scontate, ovvie, nella Chiesa come nello Stato, nella vita matrimoniale come nella vita religiosa, nel pubblico come nel privato, nessuna realtà umana ne è indenne. Ecco perché si deve necessariamente sospendere il giudizio e ritornare all'”opzione fondante”, ossia il momento in cui si decide di compiere la scelta che sarà per tutta la vita. Nella consapevolezza, però, che questo è solo il punto di partenza di un percorso tutto in salita.
Per non scoraggiarsi si agisce come un atleta. La consapevolezza che non sia affatto semplice ci deve portare ad essere come i campioni delle paraolimpiadi che ci hanno dimostrato come l’impossibile ai nostri occhi diventa possibile per loro, perché ci credono fino in fondo, sguardo fisso all’obiettivo senza mai distrarsi.
Ecco, allora, che gli anniversari divengono momenti in cui capiamo che la persona che ricordiamo, le sue gesta divengano possibili anche per me: ciascuno di noi può fare altrettanto. Ho sempre vissuto con una certa allergia la trasformazione di uomini e donne che hanno sofferto, vissuto, offerto la vita al servizio di un grande ideale in super eroi da ricordare ma non da imitare. A egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti, (U. Foscolo, Dei sepolcri). Usciamo, allora dall’inerzia e non cerchiamo, in tutti i modi di lavarci la coscienza. Invece, occorre ricordare che siamo “matite nelle mani di Dio”, matite che hanno scritto pagine che hanno cambiato la vita di molti. Responsabili per sé e per gli altri.
Auguro a tutti, ma ai giovani soprattutto, di diventare occasione di cambiamento, nella consapevolezza che si vive e si muore per qualcosa di più grande. Ecco, solo così non ci si scoraggia con la resa o, peggio, facendosi ammaliare dalla musica delle sirene che, con le false lusinghe, vorrebbero distoglierci dal traguardo.
Lo scoraggiamento non è solo la forma più evidente della resa ma anche quella del tradimento dell’ideale. Madre Teresa non si fece distrarre neanche dai potenti del mondo, dal premio Nobel, dai riconoscimenti che impiegava in modo funzionale al bene primario, restando fedele alla propria identità individuale e collettiva, sino alla morte. Anche questo vuol dire attraversare la crisi senza perdere la propria identità, scoraggiandosi. Occorre sempre ricordare il filo rosso che lega gli eventi delle nostre vite. Per gli eroi della vita, come Madre Teresa di Calcutta e tanti altri, spesso questo filo rosso è una libertà donata, perché adulta, capace di responsabilità ma anche di corresponsabilità, cioè di presa in carico dell’altro, costi quel che costi. Usque ad sanguinis effusionem, si diceva un tempo.
Che il ricordo di Madre Teresa serva a tutti noi per tornare ai fondamenti delle nostre vite, delle nostre scelte, del nostro prenderci cura dell’altro. Solo così riscopriremo il nostro essere semplicemente uomini.