Nella laica Francia, vero laboratorio politico del vecchio continente, analisti e osservatori registrano con un certo interesse un forte risveglio dei cattolici nel dibattito politico. Non si è mai parlato tanto di Dio come in questa campagna per le presidenziali, dicono gli addetti ai lavori transalpini.
La vittoria a sorpresa di François Fillon alle primarie era stato il segnale più clamoroso e il successivo flop al primo turno delle presidenziali non può cancellare questo dato. “Sono cristiano” aveva dichiarato l’ex premier con inedita ostentazione. Persino il generale De Gaulle, il più religioso tra gli ultimi presidenti, evitava la Comunione quando partecipava alle messe in veste pubblica. Altri tempi si dirà. Ma siccome la storia è ciclica osservare, e registrare, corsi e ricorsi è fondamentale. Se i praticanti (5% degli elettori) votano in maggioranza a destra, le preferenze politiche sono diverse e sfumate per i francesi che si riconoscono nella cultura cattolica, condividendone valori e istituzioni, quasi 20 milioni di persone. Il Front National riesce a sedurre la parte più conservatrice. Numeri e cifre sui quali, in vista del ballottaggio tra Le Pen e Macron, sarà importante riflettere.
E da noi come stanno le cose? C’è la stessa ripresa oppure è solo la politica che sta fiutando l’aria? A leggere i fatti di questi giorni sono verosimili l’una è l’altra cosa. I sondaggi dicono che il vero capitale da conquistare è l’elettorato moderato, in particolare quello rimasto orfano di una vera rappresentanza. In pratica all’interno di quel 30% di non votanti, il primo partito italiano, la maggioranza sarebbe riconducibile al mondo cattolico. Gli orfani della Dc, tali sarebbero per chi ha necessità di catalogare tutto, sono alla ricerca di un nuovo messaggio, che non sia quello fintamente moderato dei partiti che muovono al centro ma stanno a braccetto con centrodestra e centrosinistra.
Insomma, serve un nuovo scenario, come hanno capito bene gli esponenti del Movimento 5 Stelle, entrati perfettamente nella parte. Prima con Luigi Di Maio che ha difeso la sacralità della domenica, aggredita dalla logica del marketing. E poi con lo stesso Beppe Grillo che ha rilasciato un’intervista ad Avvenire. Se sia iniziata stagione venatoria della caccia al voto cattolico lo scopriremo solo vivendo, di sicuro si tratta di un fatto importante. Anche se non fondamentale, come ha sottolineato con grande saggezza Giovanni Orsina, docente di Storia contemporanea alla Luiss, di cui dirige anche il master in Studi europei. “Come si userebbe dire in un linguaggio giuridico, è il combinato disposto delle due interviste l’elemento che mi colpisce di più. Non credo che possa essere casuale”, sostiene in una lunga e acuta intervista.
E il termine usato per incasellare la questione è fondamentale: “Mi sembra molto un annusamento”. Dunque il fatto, quello vero, deve ancora avvenire. Eppure il voto della Camera con il quale è stato approvato il Ddl sul biotestamento, che va ora al Senato, apre altri scenari. I sì sono stati 326 , i no 37. A favore hanno votato Pd, M5S, Sinistra Italiana, Mdp mentre Scelta civica ha lasciato libertà di coscienza. Contrari Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e centristi al governo di Ap. Hanno dichiarato voto in dissenso dai loro gruppi Fabrizio Cicchitto (Ap) che ha annunciato il sì, Luigi Gigli (Democrazia solidale) che ha votato no, Daniele Capezzone (Misto Conservatori) che ha votato Sì, Domenico Menorello (Ci) che ha annunciato un no, e Stefania Prestigiacomo (Fi) che ha dichiarato un voto a favore.
All’interno di questa cornice sono emersi in moto chiaro i dubbi dei cattolici relativamente al testo che prevede comunque la possibilità di obiezione di coscienza per i medici chiamati a “staccare la spina” anche se la struttura è poi tenuta a dar corso alle volontà del paziente. Ma, d’altra parte anche l’impossibilità per le cliniche private (comprese quelle cattoliche dunque) ma convenzionate con il sistema sanitario nazionale di chiedere l’esonero dall’applicazione delle norme. Al netto degli aspetti tecnici ciò che colpisce è il voto dei 5 Stelle che non ha seguito l’onda messa in moto da Di Maio e Grillo. Segno che di vero annusamento si è trattato e non di matrimonio. Ma la campagna elettorale, quella vera, deve ancora iniziare.