Eora che il giro di giostra al Quirinale è finito, con le luci che si spengono e i cronisti che se ne vanno, inizia il vero lavoro delle diplomazie sotterranee dei maggiori partiti. Saranno loro a tessere trame e stendere copioni possibili e impossibili, compilando liste per formare governi, tratteggiando le linee di un futuro che verrà. O non verrà, se andremo a elezioni anticipate. Soluzione, per molti, perfetta ad una crisi imperfetta, dove il taglio dei parlamentari, agitato dai grillini come bandiera e mal digerito dal Pd, è il punto di caduta di tutto. L’arte della politica per allungare la vita al Parlamento. Ma nonostante questo tema di scontro e confronto, questo è un gioco diverso da quelli giocati sin ora. Come in un fantasmagorico matrix, con realtà virtuali e scenari reali che s’incrociano e s’intersecano, la politica, quella alta e nobile di un tempo, è stata superata dalle logiche delle convenienze, dove il sondaggio è un dogma e non una variabile indipendente.
Un male necessario dei tempi, diranno in molti. Una malattia da curare in fretta, per altri. Di sicuro c’è bisogno di ritrovare chiarezza e profondità, ampiamente persa dagli attuali soggetti politici in campo. Troppi veli, troppe quinte. Nel mezzo, per fortuna, restano inossidabili le regole della democrazia, valide per gli uni e per gli altri. Alle quali il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha dato prova di attenersi. Un faro nella notte, un porto sicuro nel quale approdare. Perché questa crisi di governo, almeno sino ad oggi, ci ha consegnato un elemento forte di riflessione rispetto al passato. Le forze in campo, tutte nessuna esclusa, si sono astenute dal tirare per la giacca il Colle, evocando e invocando chissà quali variazioni sul tema. Movimento 5 Stelle, Lega e Pd, per restare agli attori principali, hanno recitato la loro parte, accelerando o frenando a seconda del caso. Nessuno, però, ha accusato il Colle di non andare dritto. Anzi, semmai hanno riconosciuto il contrario. Dunque, tocca ai partiti tirare le somme e dare il risultato, a prova del nove, a Mattarella, con nomi e ruoli.
Alla fine della giostra la Lega, con Matteo Salvini, ha proposto, nel discorso alla vetrata, un quadro naif, su come ricomporre il vaso che si è rotto, nella consapevolezza di dare agli italiani, e ai suoi elettori, una scialuppa di salvataggio. Ma a quella scialuppa non sembra guardare più Grillo e il suo partito non partito. Al contrario, Luigi Di Maio, leader e ministro del Movimento 5 Stelle, ha proposto alla platea un programma di governo, un documento programmatico ampio e articolato, parlando da uomo delle istituzioni e non delle considerazioni a margine. 5 punti, quelli dei Pd, contro l’identikit del movimento 5 stelle, delineato da Di Maio, condensato in 10 capitoli. Dove il nodo da sciogliere è il taglio del parlamentari. Chi ci sta sale a bordo. Un messaggio chiaro e forte al Pd, possibile alleato in una futura, ma non certa, maggioranza giallorossa, che non viene mai citato, ma sfidato sul campo minato del taglio dei parlamentari.
Da qui le due ore chieste da Mattarella per riflettere. Le due ore più lunghe della politica italiana. Dove è accaduto molto, se non tutto. Ma dove il quadro si è andato componendo. Tecnicamente il pentastellato ha volato sopra il leghista, guardando oltre la siepe, per intuire chi c’è ad aspettarlo. Accordo fatto? Intese raggiunte? Difficile da dire. Soprattutto se torniamo al punto di partenza. Mattarella non vuole una soluzione, posticcia, ancor più pasticciata, ma solida, strutturata. Sotto questo punto di vista grillini hanno chiuso il giro di giostra con uno scarto di lato, duplicando lo schema del dopo elezioni del 2018. Certo, non sarà facile per nessuno, sia chiaro, ma la strada sembra essere questa. Il Movimento 5 stelle che propone la ricetta e il medico chiamato al capezzale che deve sottoscriverla. Strada stretta, ma praticabile, soprattutto se il viandante sarà il Pd, come pare chiaro. Ovviamente il Colle non farà solo l’arbitro, o la semplice levatrice di un nuovo soggetto, ma il conduttore di chi dovrà tirar fuori il paese dalla palude. “Serve chiarezza e rapidità”, ha rimarcato il capo dello Stato, “e una maggioranza basata su un programma condiviso, altrimenti si va al voto”.
I partiti hanno chiesto tempo. Mattarella lo ha concesso loro, ma non troppo. Servono “decisioni sollecite”. Martedì si chiude la partita. Nel frattempo per leader e segreterie sarà un lungo, lunghissimo, fine settimana. La durezza di Mattarella nel messaggio al Paese è un segnale chiaro e il tempo in più non è un regalo ma un garbo istituzionale ad un’azione politica non certo limpida e lineare. Come si dice spesso fate in fretta, e fate bene. Nonostante i presunti accordi e le supposte chiusure… Crisi imperfetta pur avendo soluzioni perfette a portata di mano.