La riforma della pubblica amministrazione del 2016 dovrebbe entrare a regime nei prossimi mesi ed ha tra i suoi obiettivi principali quello di realizzare l’amministrazione digitale e una nuova cittadinanza digitale. Il decennio trascorso ha recato con sé notevoli mutamenti: la trasparenza e la semplificazione sono diventate parole cruciali in ogni discussione sulla organizzazione della pubblica amministrazione, al pari dell’interesse finanziario dello Stato ad una riduzione effettiva della spesa e del debito.
In questo contesto la riforma del 2016 vuole rappresentare un passaggio chiave di un nuovo modo di concepire il rapporto tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese. La digitalizzazione rimanda all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle Pa, coniugato a modifiche organizzative e all’acquisizione di nuove competenze. Il fine dovrebbe coincidere con il miglioramento dei servizi pubblici e dei processi democratici.
Il fenomeno certamente è da porre in relazione con l’inarrestabile modernità legata all’uso delle tecnologie e del web, ma che in essa non si esaurisce. Nel recente passato non sono mancati tentativi di applicare la telematica alla pubblica amministrazione ma molti dei piani attuati non hanno avuto vita facile: non basta informatizzare la pubblica amministrazione per rendere quest’ultima efficiente come se fosse un qualsiasi soggetto privato ed è nota la difficoltà del settore pubblico a porre in essere i necessari cambiamenti istituzionali. Allo stesso tempo non si può affermare che meccanismi tipici del settore privato possano effettivamente funzionare anche per il settore pubblico. Basti riflettere sull’abbondante letteratura che ha già dimostrato come il settore pubblico, a differenza del privato, è maggiormente sottoposto a vincoli interni posti dalle decisioni politiche di allocazione delle risorse e inoltre deve perseguire l’efficienza tenendo conto del principio di parità di trattamento e di eguaglianza rispetto al quale la stessa visione “del cittadino consumatore” appare riduttiva.
La digitalizzazione, cui oggi Governo e Parlamento sono impegnati, sembra contenere un progetto ambizioso che poggia sull’assunto che sia preferibile per la pubblica amministrazione disimpegnare informazioni e, soprattutto, tutti i servizi ai cittadini e alle imprese senza l’accesso fisico presso gli uffici, ma attraverso un personal computer per mezzo del quale connettersi, dichiarare la propria identità, fornire informazioni, riceverle, richiedere un servizio o una autorizzazione, effettuare pagamenti. Attività che, per comprensibili ragioni, non può tollerare confini o impedimenti all’accesso: idealmente, si deve poter chiedere ciò che occorre da qualsiasi luogo del globo.
Un progetto cui vuol dare risposte il digital first (principio “innanzitutto digitale”), da intendere come modalità razionale ed economica di impostare la relazione tra cittadini – imprese – e pubblica amministrazione: la diffusione degli strumenti informatici nella pubblica amministrazione per offrire servizi online in un mercato aperto. Una relazione che, sul piano verticale, coinvolge anche le amministrazioni e società che compongono le varie articolazioni dell’apparato pubblico, tra loro interconnesse. “Digital first” che richiama il concetto di “preferenza” in luogo della “esclusività digitale”: si tratta di un indirizzo di carattere organizzativo-procedurale che presuppone non un passaggio cruento ma graduale, sebbene sicuro, verso la digitalizzazione pubblica italiana in cui il centralismo amministrativo recupera vigore dopo decenni.
Non più solo utilizzo di internet nell’offerta dei servizi, ma impiego della telematica in tutte le attività del settore pubblico con relativa trasformazione della governance della pubblica amministrazione e dei suoi rapporti con i cittadini ed imprese. Il digital first pone le premesse per un nuovo patto tra Stato e cittadinanza in funzione di un ampliamento dei diritti di quest’ultima, con i relativi riflessi sul principio democratico e sulla governance nella società della conoscenza.