Tecnicamente si chiama sbarramento. In realtà trattasi di un vero e proprio regolamento di conti. Tanto a destra quanto a sinistra. Perché quando si vara una nuova legge elettorale, al di là di quale sia il modello di riferimento, i punti centrali dell’operazione sono essenzialmente due: le possibilità di vittoria per chi dà le carte e l’oggettiva necessità di tagliare fuori le ali estremi. Se queste, poi, coincidono con ex alleati, ex delfini, ex ex, ancora meglio. Il risultato sarà doppio. Anzi, triplo, come hanno perfettamente capito l’ex premier, Matteo Renzi, e l’amico-nemico Silvio Berlusconi.
Il modello tedesco declinato in salsa italiana, sistema elettorale attorno al quale i due leader hanno trovato l’intesa, porterà in Parlamento, secondo le proiezioni degli analisti non più di quattro partiti, lasciando a casa tutti gli altri. Dal punto di vista del quadro generale è solo un bene. Una semplificazione della politica italiana non solo è necessaria, ma vitale per la ripresa del Paese. Il rischio di tornare al mercato delle vacche modello prima Repubblica, nel caso in cui la via del proporzionalismo puro si fosse allargata, è un prezzo troppo alto da pagare per una realtà come la nostra.
Dunque ben venga lo sbarramento al 5%, anche se Berlusconi lo vorrebbe all’8%, in modo tale da avere una foto nitida della rappresentanza parlamentare. Quella attuale è seppiata e densa di sfumature, di ombre indefinite e indifendibili. Troppo per chi vuole agganciare la ripresa.
Ovviamente all’interno di questo quadro c’è chi non è affatto contento, come il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, o Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia. Il primo, leader di Ap, in quanto alleato del Pd nell’attuale maggioranza, chiede il riconoscimento del lavoro, mettendo all’incasso le cambiali in scadenza. Ma Renzi non vuole, o forse non può, onorare ciò che debito non è, secondo lui. La convivenza al governo e nella maggioranza è stata solo una necessità reciproca con benefici per l’uno e per l’altro. Cambiando le carte in tavola cambiano anche le strade da percorrere.
Diverso il ragionamento per la Meloni. Berlusconi, tornato centrale nel dibattito politico, non può far altro che regolare i conti con quanti lo hanno osteggiato e messo da parte nei mesi scorsi. Fratelli d’Italia, forse con scarsa lungimiranza e pessima visione di gioco, ha dato per scontato troppo in fretta la fine di Silvio. La quale, in realtà, sembra non arrivare mai. E l’ex Cavaliere è uno che non dimentica, soprattutto quel continuo valzer delle primarie finito in soffitta senza nemmeno l’onore della festa di piazza. Una sconfitta dalla quale la Meloni vuole star lontana, ma la realtà è più impietosa della memoria. Dunque il secondo giro di giostra della legge elettorale che verrà, ha messo sul tavolo elementi chiarificatori, capaci di delineare la cornice entro il quale si andrà tratteggiando il quadro politico ante voto e campagna elettorale.
Dove i programmi sono solo parole mentre le corsa alle poltrone l’unica urgenza. Alfano e Meloni, al di là dei fumosi e retorici proclami, cercano solo di trattare sulle candidature. Non altro. Anche solo per questo conviene ringraziare il modello tedesco in salsa italiana. Del quale si avvantaggeranno comunque il Movimento 5 stelle e la Lega, le uniche formazioni in grado di correre da sole. Un altro elemento di semplificazione capace di riavvicinare gli italiani alla politica. Anche se qualche dubbio resta.
Il deputato grillino Danilo Toninelli sostiene di non amare “i capilista bloccati” e per questo il problema sarà risolto con “le parlamentarie, invitiamo tutti o partiti a farle”. L’idea sembra anche giusta, il metodo è sbagliato. La democrazia dei clic non esiste, è ridotta nei numeri e fallace nel modo. Dunque fine a se stessa. Questo significa adattarsi alle circostanze. Certo lo stesso esponente pentastellato ribadisce l’amore per le preferenze, “il M5s è nato con le preferenze e vuole vivere con le preferenze, ma non possiamo impiccarci su questo”. Dunque anche loro di necessità faranno virtù, tagliando ciò che c’è da tagliare. Come Matteo e Silvio….