Le tanto attese elezioni presidenziali in Libia, che avrebbero dovuto definire il nuovo corso del Paese dopo 10 anni di guerra civile ininterrotta dalla caduta del Raìs Muammar Gheddafi, sembrano essere sempre più lontane, anche se fino ad ora non c’è stato nessun annuncio ufficiale. La chiamata alle urne è prevista per la vigilia di Natale, il 24 dicembre.
Un’ipotesi che sembra sempre più concreta dopo che le milizie conosciute come Brigata Al-Sammoud hanno circondato la sede del governo di Tripoli e l’ufficio del primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah, a Tripoli. Il leader del gruppo armato ha annunciato che “in Libia in Libia non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali”.
I dubbi sul fatto che si possa arrivare a un rinvio sono tanti, e in questo momento stanno prevalendo. Mancano pochi giorni alla tenuta delle elezioni che, ove venissero rinviate sine die sarebbe un disastro, ove venissero rinviate di qualche settimana potrebbe anche essere accettabile. La speranza che si riesca ad andare alle urne non è ancora defunta: ci sono centinaia di candidati e tre milioni di libici pronti a votare.
E’ anche vero, che al momento, gli elementi di criticità sono pari se non superiori a quelli positivi. Il fatto che ci siano le elezioni rappresenta un passo molto importante, ma non è un passo decisivo. A seconda di chi possa essere eletto come presidente si potrebbe scatenare la reazione degli esclusi. C’è chi dice che il vero pericolo potrebbe derivare proprio dalle elezioni, ossia dal risultato elettorale. I rischi potrebbero presentarsi sia in caso di apertura delle urne sia in caso di rinvio.
Alla corsa per il seggio presidenziale partecipano candidati divisivi e in grado di destabilizzare nuovamente la situazione in caso di mancato riconoscimento. Tra loro ci sono Saif al-Islam Gheddafi, figlio ed ex collaboratore dell’ex Raìs, il generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, che nel 2019 tentò di prendersi il Paese con la campagna militare su Tripoli, e l’attuale premier Abdul Hamid Mohammed Dbeibah, nonostante qualcuno abbia provato ad ostacolare la sua candidatura, evidenziando che non ha ancora rinunciato ad ogni incarico civile e militare, come previsto dalla legge elettorale libica.