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L’Europa non procrastini le risposte necessarie per il bene del popolo

L’Unione Europea dovrà ritrovare “lo spirito unitario” e non potrà più rimandare alcune decisioni strategiche. L’ex Presidente della Bce Mario Draghi si dice convinto che l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca – una vittoria rotonda sia nel voto popolare sia nei collegi dei grandi elettori – cambierà i rapporti tra Usa e Europa “non necessariamente tutto in senso negativo, ma certamente noi dovremo prenderne atto”. Il nuovo scenario è reso ancor più difficile da decifrare in considerazione del precario stato di salute delle liberal democrazie europee, con i Governi di Francia e Germania caratterizzati da un momento di fragilità decisionale.

Le istituzioni europee dovranno negoziare con l’America per proteggere la produzione europea. Nell’high tech, settore trainante della produttività, vi è un divario sensibile tra Stati Uniti e Vecchio continente. Interessanti suggerimenti sulle azioni che l’Europa dovrà intraprendere sono contenuti nel Report sulla competitività presentato dallo stesso Draghi, su invito della Presidente della Commissione von der Leyen, a inizio settembre. L’ex Premier, già nella prefazione del suo Rapporto, si sofferma sulla differenza nel Pil tra UE e Stati Uniti, dovuto principalmente ad un rallentamento della crescita della produttività in Europa e sulla necessità di cambiamenti radicali per invertire la rotta, con massicci investimenti nell’innovazione digitale, nella transizione ecologica e nell’industria della difesa. Egli stima l’esigenza di investimenti di circa 750 miliardi di euro (il tasso di investimento totale rispetto al Pil dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del Pil dell’UE all’anno), più del Piano Marshall messo a disposizione dagli Stati Uniti per la ricostruzione dell’Europa dopo il secondo conflitto mondiale (che ammontava annualmente a circa 1-2% del Pil degli Stati beneficiari).

Dal 2000, il reddito disponibile pro-capite è cresciuto quasi il doppio negli Usa rispetto all’Ue. Anche se, dopo le crisi del 2008 e del 2012, la disoccupazione è diminuita in tutti gli Stati dell’Unione, consentendo di ridurre le diseguaglianze e mantenere il benessere sociale.

Ma oggi bisogna fare i conti con un mondo caratterizzato da una geopolitica instabile, in cui le dipendenze europee mostrano tutta la loro vulnerabilità. La rapida accelerazione del progresso tecnologico ha messo a nudo la debolezza dell’UE nelle tecnologie emergenti che orienteranno la crescita futura. A ciò si aggiunga il fenomeno dell’inverno demografico che inciderà sulla forza lavoro, con una perdita di due milioni di lavoratori all’anno. Anche se l’Europa possiede standard più alti di Usa e Cina in termini di aspettativa di vita alla nascita e di bassa mortalità infantile.

Per poter competere sul mercato globale occorre attuare un robusto piano di semplificazione normativa per gli operatori economici pubblici e privati e di sostegno per la decarbonizzazione e la digitalizzazione, diffondendola in tutta l’economia europea. Il primo obiettivo è abbattere le barriere di una burocrazia asfissiante che ostacola il lavoro delle startup innovative.

Le imprese trovano difficoltà ad entrare nel mercato unico europeo, composto da 440 milioni di consumatori e 23 milioni di imprese, ma in cui vigono 27 discipline differenti. Occorre un quadro regolatorio unitario all’interno dell’Unione Europea, che consenta alle piccole e medie imprese un percorso di crescita, facilitando il commercio transfrontaliero e gli investimenti. Nei prossimi anni, l’Ue si dovrà focalizzare nella realizzazione del “Patto per l’industria pulita”, con l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2050. Altra priorità è quella di diversificare gli approvvigionamenti di materie prime, in modo da evitare la dipendenza da un unico fornitore. Le dipendenze eccessive, infatti, possono creare vulnerabilità, come ha dimostrato la crisi energetica scatenata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina.

In proposito, è fondamentale il tema dell’economia circolare, il riciclo consente il recupero di materie prime critiche e diminuisce la dipendenza da partners di altre regioni del mondo. La riduzione delle dipendenze e l’aumento della sicurezza – insiste Draghi – sono “un prerequisito per la crescita sostenibile”. L’Europa è particolarmente esposta al rischio dell’insicurezza che deriva dall’instabilità geopolitica e dall’aumento delle ostilità. La frammentazione dell’industria della difesa costituisce un ostacolo che indebolisce la capacità dell’Europa di agire come una potenza coesa. La pace è certamente il primo e principale obiettivo dell’Europa, ma le minacce fisiche sono in aumento e dobbiamo prepararci. Oggi, è ancora più importante per l’Europa uscire dall’immobilismo e non procrastinare le risposte unitarie per salvaguardare il benessere le libertà del popolo europeo.

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