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L’etica, l’economia e le scelte della politica al tempo del Covid 19

In un’economia già debilitata dalla stagnazione e devastata dagli effetti del Covid-19, è inevitabile riflettere sulla fragilità dei nostri modelli economici. In una fase così critica ci si è resi conto di quanto sia necessaria una stretta connessione tra l’utile individuale e il benessere collettivo, tra la ricchezza privata del cittadino e la pubblica utilità.

Perché questo collegamento abbia senso e seguito coerenti, è il caso di acquisire consapevolezza che i princìpi dell’etica coesistano saldamente con le leggi che regolano la nostra economia: sono ancora troppe le diseguaglianze che caratterizzano la nostra società.

L’economia oggi più di ieri ha bisogno di etica: non un’etica astratta o generica, senza contatto con il mondo e le sue contraddizioni, bensì un’etica capace di farsi “dimora”, nella quale recuperare il senso dell’intraprendere, del lavorare, del vivere.

Lo scenario economico che abbiamo di fronte ha imposto, fra gli altri, due obblighi etici da ottemperare, in collaborazione con l’ampia rete di solidarietà e volontariato attiva sul territorio: da un lato, comprendere fino in fondo, con un adeguato monitoraggio, quali sono le effettive situazioni di crisi economica, sociale, relazionale, senza superficiali e facili generalizzazioni; dall’altro, progettare e attuare interventi – dal carattere concreto e puntuale – per lenire le ferite e far sentire la vicinanza della comunità, così da riaprire spazi di speranza e futuro.

Assistiamo al susseguirsi di interventi di aiuto e di supporto finanziario da parte di imprenditori illuminati, ad esempio: donazioni considerevoli alle strutture sanitarie, aziende che riconvertono le loro produzioni per produrre mascherine, aumento di stipendio ai dipendenti, iniziative gratuite di formazione e messa a disposizione di software e strumenti di lavoro.

L’etica di impresa con la diffusione della pandemia ha acquistato un valore essenziale: ha assunto responsabilità verso i diversi stakeholder, con l’adozione e il rispetto di principi di comportamento, l’accostamento a concetti quali sostenibilità, volontarietà, trasparenza, qualità, comportamenti virtuosi all’interno – per esempio nella gestione della governance, nella costruzione di un sistema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro – e verso l’esterno, nei confronti dei clienti, dei fornitori, nel rispetto dell’ambiente.

È evidente, nel mezzo di una crisi ancora così acuta, la necessità di una riduzione dello spazio assegnato al mercato, e della parallela acquisizione di centralità di una seria politica economica, consentendo il massimo sviluppo di quei soggetti – come il terzo settore – che, pur operando sul mercato, non esauriscono le proprie finalità nella riproduzione e accumulazione del capitale, ma si riconoscono finalità sovrane di sviluppo sociale.

È un percorso che esige la consapevolezza individuale e collettiva della funzionalità reciproca tra i valori specifici dell’economia e i grandi valori dell’uomo: massimizzare i primi al fine di ottimizzare i secondi. Compete agli operatori economici, ma prima ancora alle scelte della politica.

Daniele Onori – del Centro Studi Livatino

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