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L’esame di maturità non è il vero problema della scuola italiana

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Nelle scorse settimane è stata approvata in Senato una risoluzione per migliorare gli esami di maturità. Non bastano però le buone intenzioni per risolvere problemi atavici. Uno dei punti si propone come obiettivo quello di rendere più omogenea la valutazione a livello nazionale, ma come sappiamo, fino a quando ci sarà una grossa discrezionalità da parte dei docenti chiamati a giudicare, avremo voti che non sono oggettivi. Le valutazioni che vengono date in sede di esame di maturità non corrispondono a delle competenze valutate attraverso test standard, come lo sono le prove Invalsi che, ovviamente sono perfettibili, migliorabili e misurano solo una parte delle competenze. Competenze che vengono reputate essenziali e di base in tutta l’area Ocse. La comprensione di un testo, la comprensione della logica matematica, e il livello di comprensione di ascolto e lettura di inglese, almeno B1 e B2. L’esame di maturità ha decretato non sufficiente e quindi bocciato solo lo 0,8% dei ragazzi, mentre con la prova Invalsi circa il 7% non ha superato il livello 1. Un elemento fondamentale per far capire che l’esame di maturità non è credibile così come oggi viene erogato è che l’università non danno peso nella selezione degli studenti al voto dell’esame di maturità. Le cose non sono di facile risoluzione, il problema è complesso.

L’altro tema è la valutazione della composizione della commissione: quanti interni e esterni. Bisognerebbe fare un pensiero di tipo logico-strategico. Se l’esame deve essere selettivo allora bisognerebbe avere una commissione esterna in gran parte per dare maggiore oggettività, ma per come è strutturato l’esame, non selettivo (il 40% del voto attiene al comportamento pregresso dei ragazzi), in quest’ottica converrebbe tramutare la commissione in tutti membri interni fatto salvo il presidente. Perché di fatto l’esame come strutturato oggi conferma i risultati della carriera dello studente. Per di più con un vantaggio: risparmiare, in quanto i commissari esterni costano 150 milioni di euro l’anno secondo una stima del ministero dell’istruzione del ministro Giannini. È chiaro che oggi avere una commissione mista lascia quel minimo di suspense e quindi un po’ di attesa e paura. Ma è come se fosse una rappresentazione teatrale perché la struttura dell’esame non da seguito all’attesa e alla paura. Sarebbe forse meglio investire quei 150 milioni in un fondo di start app, piuttosto di fare un esame che non è tale, negli anni indebolito nel contenuto.

Il vero tema non è l’esame di maturità che è una formalità, bisogna concentrarsi sul rendere più oggettiva, più utile ed efficace la scuola e il sistema scolastico, quello che c’è prima dell’esame di maturità che così potrebbe anche non farsi.

Daniele Grassucci: