Nei giorni scorsi le cronache si sono occupate di un evento ritenuto epocale: finalmente i giudici risponderanno dei propri errori, riferendosi alla legge sulla responsabilitĆ dei magistrati (indiretta, per la veritĆ , in quanto paga lo Stato che poi dovrĆ rivalersi nei limiti stabiliti) senza preventivo filtro di ammissibilitĆ : ho sentito i giudici invocare lāattentato allāindipendenza ed all’autonomia della funzione esercitata, ho sentito soddisfazione tra gli avvocati che ritengono di ridimensionare il potere dei giudici; ho sentito posizioni radicali contrapposte ma ho notato che i soli ad invocare lāassenza di responsabilitĆ civile dei magistrati sono soltanto i giudici stessi.
Voglio schierarmi, da diversa parte, a favore della tesi della indipendenza della magistratura, ben consapevole di essere una voce stonata nel coro. In primo luogo vorrei evidenziare un errore di fondo della magistratura che, nel difendere le tesi che sto per condividere, si propone in via autoreferenziale, anchāessa vittima di questo male attuale; credo che sarebbe molto piĆ¹ fruttuoso sollecitare tutte le altre categorie di operatori ā che dovrebbero cooperare assieme per il bene comune della migliore giustizia ā a prendere posizione precisa sullāargomento: ho ascoltato le ragioni del rappresentante dellāassociazione magistrati allāinaugurazione dellāanno giudiziario amministrativo ma, pur condividendole, hanno il difetto di provenire da un rappresentante della categoria direttamente interessata.
Il problema a mio avviso non ĆØ la responsabilitĆ civile dei giudici, chiamati, indirettamente, a rispondere degli eventuali errori; ciĆ² non gioverĆ affatto al miglioramento della giustizia ma introdurrĆ un ulteriore elemento di distrazione dalla ricerca della risposta alla domanda di giustizia: il giudice, prima di condannare o assolvere, anteporrĆ il suo interesse personale agli effetti della decisione, come giĆ oggi si assiste tra i medici, i direttori dei lavori, i collaudatori e le altre categorie professionali chiamate costantemente a rispondere del proprio operato quando una parte non si ritiene soddisfatta del risultato.
Credo che ben altri siano i rimedi che il sistema deve adottare per consentire di limitare gli effetti dannosi degli ineliminabili errori professionali: nel sistema della giustizia si puĆ² efficacemente richiamare il principio del doppio grado di giudizio, completato dalla verifica di legittimitĆ nel terzo grado, che puĆ² essere in grado di rimediare allāerrore commesso dal magistrato; il problema ĆØ sempre e soltanto il tempo.
Quando si riuscirĆ a soddisfare la domanda di giustizia in tempi rapidi (non solo ragionevoli) non ci saranno danni da errori del singolo magistrato; quando si eviteranno le insopportabili contiguitĆ tra giudici di diverso ufficio si potrĆ avere ragionevole certezza di un giudizio sereno e scevro da condizionamenti; quando la formazione professionale sarĆ adeguata, lāaccesso alla funzione sarĆ graduale, lāesercizio dellāattivitĆ sarĆ costantemente controllata con aggiornamenti e verifiche, quando i criteri di organizzazione saranno predeterminati efficacemente, quando si darĆ prevalenza effettiva allāinteresse del miglior risultato per i cittadini, solo allora si restituirĆ il servizio alla sua funzione.
Per fare questo serve un intervento politico del legislatore, concertato con le categorie di operatori della giustizia rispettando le autonomie ma assicurandone lāeffettivo esercizio. Il resto, apriamo gli occhi, ĆØ solo fumo appositamente sparso per impedire proprio questo.