Quanto a libertà di informazione in Italia non siamo mai stati grandi campioni. Non a caso l’ultima classifica mondiale della libertà di stampa stilata da Reporter Senza Frontiere ci vede al 73esimo posto, tra Moldavia e Nicaragua. Secondo la ONG tra le cause principali ci sono anche le intimidazioni dei personaggi politici ai giornalisti. “Una vera e propria forma di censura” quantificabile con le cause di diffamazione “ingiustificate” (129 nel 2014).
Eppure, il desiderio di imbavagliare la voce già flebile dei cronisti italiani non è mai pago. Ci mancava l’imminente legge sulle intercettazioni, o meglio per impedirne la pubblicazione. Sogno ricorrente e irrealizzato di Silvio B. che con Renzi diventa priorità nazionale. Nella prima stesura c’era addirittura il carcere per i giornalisti disubbidienti.
Quantomeno singolare, vista la tendenza dominante della categoria giornalistica a non intralciare i manovratori. Un po’ perchè salvo eccezioni non abbiamo i cosiddetti “editori puri”. Ovvero i proprietari di giornali che per mestiere fanno solo i proprietari di giornali. Un altro po’ perché gran parte delle testate italiane non campa di vendite e pubblicità, ma di sovvenzioni distribuite direttamente da Palazzo Chigi.
Nonostante la contrarietà di molti, compreso il presidente del Senato Grasso, la legge bavaglio ha i numeri per passare. Un altro patto del Nazareno. Forse molto presto non potremo più leggere le parole al vento degli indagati eccellenti. Come quelle del senatore Azzollini che – come pubblicato da tutti i giornali con un virgolettato assai più ardito – avrebbe minacciato di usare le suorine della Divina Provvidenza di Bisceglie come contenitore delle sue urine.
Il senatore accusato dalla magistratura di associazione a delinquere, corruzione e bancarotta fraudolenta per il crac della casa di cura delle suorine pugliesi, che i colleghi parlamentari hanno salvato dall’arresto. Alla faccia dei coindagati ammanettati e di tutti gli altri cittadini che con metà delle sue imputazioni finirebbero dritti al gabbio. Ma ogni senatore è fondamentale per un governo che non può fare a meno dei voti di nessuno. A prescindere dalle fedine penali.
Con il bavaglio sulle intercettazioni non avremmo saputo nulla su tanti particolari apparentemente secondari o pruriginosi, ma fondamentali per un paese democratico che ha il diritto di sapere, per valutare lo spessore e l’affidabilità dei suoi leader. Nulla sul bunga-bunga. E nulla sulla telefonata tra il generale della Finanza Adinolfi e Matteo Renzi. Quando il segretario del Pd anticipava al militare la defenestrazione di Letta e l’avvento del suo primo governo con l’appoggio di Berlusconi. E non ci chiederemo più neanche il perchè di un contatto simile tra un generale e un segretario di partito.
Però non ci saranno più casi Crocetta. Il pittoresco governatore siciliano crocifisso per un’intercettazione, forse inesistente, uscita su L’Espresso. Da una parte il suo chirurgo plastico di fiducia che inveisce contro l’assessore Lucia Borsellino e dice “va fatta fuori come suo padre”. Dall’altra lui, che tace e implicitamente acconsente. Mistero buffo di una registrazione fantasma. Crocetta si autosospende e pensa al suicidio. Gli autori dicono che il file c’è ma non hanno le prove. Nessuna procura conferma. Crocetta sospende la sospensione e non si suicida più. Tutti contro le intercettazioni.
Premesso che è quantomeno da sbadatelli pubblicare una cosa del genere senza possederne copia o referto ufficiale: è più probabile che i reporter de L’Espresso se la siano inventata o che siano stati ingannati? E se sono caduti in un trappolone, chi gliel’ha teso e perché? In un Paese che in mancanza di verità giudiziarie ha imparato a chiedersi cui prodest? A chi giova? dai tempi di Cicerone, la risposta sarebbe fin troppo facile. Anche perchè la legge bavaglio ha trovato il coraggio di ripresentarsi, guarda caso, proprio sull’onda del caso siculo.
E pensare che erano scesi tutti in piazza a Parigi, compresi i capi di governo, per dire che siamo tutti Charlie, per la libera circolazione delle idee, come i vignettisti del mensile francese trucidati dai terroristi islamici. Poi però, quando si torna in Italia non si può fare neppure l’imitazione della ministra più bella del reame, che un onorevole alza il telefono e fa cancellare lo sketch dalla tv.