Papa Francesco parla all’Università Roma 3, il più giovane ateneo pubblico della Capitale, e tra le migliaia di studenti che lo accolgono l’entusiasmo (per le sue parole, per i suoi gesti, ma soprattutto per i suoi appelli socio-politici) diventa palpabile. Quasi fisico. Una visita – svolta in gran parte nella mattinata di ieri – contrassegnata da espressioni di vivissimo apprezzamento per la improvvisata (ma mica tanto…) Lectio tenuta da Bergoglio davanti ai giovani, al corpo docente e a tutto il personale accademico.
Il Pontefice parla, risponde alle domande di alcuni studenti, si fa fotografare attraverso i selfie di quanti riescono ad avvicinarlo, scherza persino con una mamma che ha in braccio un bambino chiedendole “anche lui è un universitario?”. Parole, gesti, feeling immediato tra Bergoglio e i suoi giovani ospiti che trasformano la visita papale a Roma 3 in un ennesimo bagno di folla per l’ottantenne pontefice argentino, che, però, nella sua prolusione non si dimentica di toccare i temi più scottanti che gravano, non solo sulle spalle dei giovani, ma sull’intera umanità, come la disoccupazione, il diritto allo studio “per tutti”, il dovere dell’accoglienza per immigrati e per chi fugge da guerre, malattie, sopraffazioni.
Quanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere dall’ultima mancata visita di un papa ad una università di Roma! Prima di papa Francesco, anche il suo predecessore Benedetto XVI era stato invitato a tenere una prolusione nell’Aula Magna della Sapienza il 17 marzo 2008. Un gesto di cortesia come già in passato era avvenuto col beato Paolo VI, invitato nella stessa Sapienza, e con S. Giovanni Paolo II, accolto a Roma 3. Ma quella annunciata visita di papa Ratzinger fu annullata all’ultimo momento per le violente proteste di studenti ed attivisti dei centri sociali scesi in campo per “difendere la laicità del più antico ateneo romano”. Dimenticando – ma forse è più corretto dire ignorando per mancanza di cultura storica – che la Sapienza era stata fondata proprio dai papi di Roma. Quel drammatico 17 marzo, l’università fu trasformata in un campo di battaglia e accerchiata dai gruppi di studenti e pseudo studenti più riottosi, controllati a fatica da migliaia di poliziotti. Benedetto XVI, fine teologo, pontefice del dialogo e della cultura, per evitare conseguenze irreparabili all’ultimo momento fu costretto a rinunziare alla visita.
L’attesa prolusione di Ratzinger fu trasmessa in teleconferenza in una Aula Magna surreale, davanti al Senato Accademico al gran completo e al ministro Fabio Mussi che, nel suo imbarazzato intervento si chiese “come mai il Papa non è qui? Chi non lo ha voluto?”. Dimenticando, il ministro Mussi presente in rappresentanza del governo di centro-sinistra presieduto dall’allora premier, il cattolico Romano Prodi, che i primi a volere la cacciata di Benedetto XVI dalla Sapienza non furono gli studenti, ma ben 63 docenti dell’Università che in una lettera aperta accusarono il Papa di aver definito “giusto e ragionevole” il processo che a Galileo Galilei in una conferenza stampa tenuta quando era cardinale. In realtà, i 63 docenti avevano (Deliberatamente? Per ignoranza? Per pressapochismo?…) ignorato che in quella conferenza il cardinale Ratzinger aveva ripreso Feyerabend, secondo il quale “il processo a Galileo Galilei era stato definito da esponenti della Chiesa del tempo giusto e ragionevole”, ma aggiungendo subito che erano pareri che oggi consideriamo privi di fondamento e non giustificabili. La seconda parte di quella conferenza di Ratzinger non fu tenuta in considerazione dai 63 docenti firmatari della lettera aperta, che diventò così la miccia nelle mani degli studenti “democratici e laici” della Sapienza che cacciarono di fatto il Papa dall’università, dopo essere stata rilanciata dal quotidiano comunista Il Manifesto.
Per ironia della sorte, Benedetto XVI nel suo tele intervento tenne una profonda prolusione incentrata sull’importanza del “dialogo e del confronto tra le culture e le religioni”. Parole altissime pronunziate in diretta malgrado le violente proteste, rimaste però agli atti degli eventi più significativi della Sapienza, ma che i 63 docenti “laici” firmatari della lettera aperta anti papa Ratzinger, sordi e ciechi a qualsiasi forma di dialogo tra culture diverse, difficilmente avranno capito. Altra musica, altro clima a Roma 3 per Papa Francesco. Ma per fortuna il tempo è galantuomo. Anche per Benedetto XVI.