Che l’Italia fosse il Paese degli eccessi e contraddizioni lo sapevamo già. Nei secoli, i più attenti commentatori stranieri e non, hanno usato tanto inchiostro per descrivere ora con curioso interesse le qualità indubbie di genialità individuali degli italici, ora con disapprovazione e stupore la scarsa attitudine alle virtù collettive, il nostro carattere peculiare storico. Una grande prova di eccessi, nell’ultimo quarto di secolo, l’ha data la politica con tutto quello che gli fa da contorno e gran cassa, come il sistema di informazione sia scritta che parlata, fenomeno che peraltro negli ultimi anni si è fortemente acutizzato.
Fiumi di parole, di invettive, di promesse vuote quando non dannose, che hanno visto leader politici e rappresentanti delle istituzioni bruciare giornate e giornate senza fine in perenni tours lungo la penisola, e instancabili maratone per dichiarazioni televisive e presenze persistenti nei numerosi talk show. Io stesso mi sono chiesto spesso come si possa in tale modo distorto impegnarsi nella gestione razionale della cosa pubblica e assolvere all’oneroso incarico di Ministro, di Presidente di Regioni e di altri incarichi pubblici che richiedono molto tempo per studiare i dossier e poi affrontarli con gli innumerevoli soggetti interessati. Ma, ormai, la situazione si è così esasperata negli ultimi tempi che i primi vistosi segni del ‘contrappasso’ si stanno già manifestando.
Infatti, notiamo con fastidio che tanta classe dirigente ha propensione per la rumorosa e perditempo competizione, abbiamo potuto anche apprezzare due persone, che per come vanno solitamente da noi le cose, sembrano marziani e tuttavia riscuotono molto consenso popolare. Ad esempio Sergio Mattarella che da circa sei anni, sta svolgendo il compito più alto della Repubblica con discrezione e interventi di grande equilibrio anche nei momenti più tormentati e difficili da governare; così come Mario Draghi giunto provvidenzialmente alla ribalta in Italia in questo ultimo mese alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che già nei primi giorni del suo impegno ha dato segni eloquenti di non amare gli interventi mediatici come invece è stato per tutti i governanti della lunga tormentata stagione della cosiddetta seconda repubblica, e di preferire scelte anche difficili.
Penso che queste grandi personalità, nonostante tutto ciò che li circonda, possono dare aiuti sinora insperati al nostro Paese in situazioni molto critiche, come governare con fermezza ed efficacia ogni piano di investimento per la ricostruzione della economia attraverso la transizione energetica e la digitalizzazioni delle funzioni produttive, amministrative e civili. Possono però anche dare una decisa spinta per rigenerare le istituzioni e la politica cosi malandate e precarie attraverso la loro autorità morale, il forte credito nazionale ed internazionale. Al punto in cui siamo, basta la loro presenza con la loro marcata diversità per contribuire a sgretolare tutto ciò che ha contribuito a far dell’Italia la malata d’Europa.
Un adagio dell’antica Roma diceva: “è sempre la ruota più malmessa del carro a fare più rumore”. Ma come si sa, per accorgersi del rumore anomalo di una ruota mal funzionante, devono esserci nel contempo altre silenziose ed efficienti. Ecco, la speranza che gli italiani possano fare la differenza tra statisti così preziosi e politici in perenne campagna elettorale per convincersi che si può fare meglio e di più recuperando alla politica responsabilità e contegno che sono il segno distintivo della buona politica, il presupposto per ricostruire fiducia e coesione sociale. Sono sicuro, anche poche rondini possono segnalare che è giunta la primavera.