Il 16 aprile si celebra la Giornata internazionale contro la schiavitù infantile in ricordo di Iqbal Masih, un bambino pakistano che a soli 12 anni è stato ucciso per aver promosso la difesa dell’infanzia dallo sfruttamento dopo che, egli stesso, dall’età di quattro anni era stato costretto a lavorare presso un commerciante di tappeti. Purtroppo, ad oggi, secondo i dati dell’Unicef, il fenomeno del lavoro minorile lambisce più di 150 milioni di bambini che, soprattutto nelle aree più povere del pianeta, vengono privati della propria infanzia e vedono messa a repentaglio la propria salute fisica e mentale.
Papa Francesco, nel corso del suo pontificato, ha sottolineato più volte che il lavoro minorile significa “derubare del futuro i bambini e dunque l’umanità stessa. È lesione della dignità umana”, ribadendo poi che “tutti i bambini devono poter giocare, studiare, pregare e crescere, nelle proprie famiglie, e questo in un contesto armonico, di amore e di serenità. È un loro diritto e un nostro dovere. Tanta gente invece di farli giocare li fa schiavi: è una piaga questa. Una fanciullezza serena permette ai bambini di guardare con fiducia verso la vita e il domani. Guai a chi soffoca in loro lo slancio gioioso della speranza.”
Le parole del Santo Padre ci richiamano alla necessità di arginare la “globalizzazione dell’indifferenza” che, con l’attuale situazione economica e sociale, soprattutto nei paesi più poveri, tende a generare nuove differenze esaspera le vecchie e così facendo polarizza ulteriormente la condizione umana, colpendo soprattutto l’infanzia e togliendo la possibilità di sognare alle nuove generazioni. Quindi, per far sì che l’infanzia venga preservata dalla piaga del lavoro minorile, è indispensabile rifondare l’economia partendo dal concetto di tutela della centralità della persona e del bene comune. Ciò consentirà di rimarginare le ferite dell’umanità e della terra, troppo spesso vilipese dalle attività di produzione, speculazione e arricchimento per pochi a svantaggio di tanti.