Io non ho nulla, non possiedo nulla, non desidero nulla. Ho lottato tutta la mia vita per una libertà politica completa, ma responsabile. Alla perdita della libertà economica, verso la quale si corre a gran passo in Italia, seguirà la perdita effettiva della libertà politica, anche se resteranno le forme elettive di un Parlamento apparente, che giorno per giorno seguirà la sua abdicazione di fronte alla burocrazia, ai sindacati e agli enti economici, che formeranno la struttura del nuovo stato più o meno bolscevizzato. Che Dio disperda la mia profezia”. (Don Luigi Sturzo, 4 ottobre 1951)
Perché dopo 100 anni l’attenzione verso un cristiano, un sacerdote, un politico laico per l’Italia di oggi e di domani? Ci riferiamo a Don Luigi Sturzo. Ci sembra che questa attenzione non sia casuale, ma esprima il crescente bisogno di riferimenti forti, di maestri, proprio di un’epoca di grande smarrimento, di grandi “rumori”, di grandi e giustificate paure, di assenza di pensiero.
Studiare i grandi personaggi ci fa scoprire talvolta dei veri maestri, non solo del passato, ma per il presente e per il futuro. Don Luigi Sturzo è stato ed è ancora oggi un maestro di Etica politica per chiunque volesse “servire la politica e non servirsi della politica” come affermava spesso. Sturzo è stato: filosofo, sociologo, profondo economista, amministratore pubblico, politico tra i più importanti del Novecento italiano. Sturzo resta sempre e soprattutto sacerdote: intenso, totale, dedito a Gesù Cristo e alla rigorosa fedeltà alla Chiesa, anche quando questa lo farà soffrire.
Organizzò i cattolici del suo comune siciliano: Caltagirone in un progetto culturale e politico di largo respiro; fece comprendere ai suoi concittadini che il Comune non era proprietà privata dei notabili, ma bene comune, attore dello sviluppo, pilastro del vivere civile. Ancora oggi, dopo 100 anni dall’Appello ai Liberi e Forti (18 gennaio 1919) il suo insegnamento sarebbe da svolgere in tantissime realtà territoriali in tutta Italia.
Sturzo organizzò cooperative rurali e bancarie, creò scuole, fondò giornali, costruì una rete di “complicità” con altri giovani sacerdoti della sua età. Dalle sue iniziative emerse la sua figura come un leader nazionale. Ricevette il messaggio dell’impegno sociale e politico dall’enciclica Rerum Novarum, che è del 1891.
La Rerum Novarum è l’enciclica che spiega con grande chiarezza che prima di tutto viene la persona, la libertà della persona, la dignità della persona, e che per preservare ciò ci sono le società intermedie, che non derivano dallo Stato, perché sono le cellule primordiali della società: la famiglia, il Comune, e da lì via via si sale con il principio di sussidiarietà verso l’“organismo Stato”.
A Caltagirone fu “pro Sindaco” (perché come sacerdote non poteva essere Sindaco, ma di fatto vuol dire Sindaco) dal 1905 al 1920, e offri il suo impegno straordinario al servizio della sua città. Sturzo sentì la necessità di costruire una rete di contatti e di pensiero, perché egli era anche un grande realista e sapeva che restando soli si è sconfitti, non si va da nessuna parte. Avviò quindi contatti con i socialisti, la Dc iniziale di Murri.
Per Don Sturzo, il Comune non era soltanto un organo amministrativo; ma una cellula politica, una comunità; il Comune, i servizi comunali sono al servizio della comunità; questa comunità non è derivata dallo Stato, ha la sua forza originaria, la sua autonomia, la sua sfera di libertà e di energia che devono essere liberate.
Prof. Antonino Giannone, vice presidente Alef (Associazione Liberi e Forti)