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La società dell’incertezza

Tutti i popoli hanno il diritto di vivere in una società sicura, libera da ogni paura, nella certezza di un domani sempre migliore, al passo con i tempi e per questo sempre in crescita in termini di sviluppo economico, sociale e valoriale. Eppure, ad intervalli epocali, si ritorna a vivere conflitti, a parlare di guerre più o meno silenziose, più o meno dichiarate, più o meno vissute come tali con la differenza però che tra la nostra e le generazioni trascorse, oggi tutti ne siamo coinvolti.

Tutti oggi, attraverso le immediate comunicazioni, conosciamo ciò che accade in un luogo anche lontanissimo da noi, sperduto tra i confini della terra, o vicinissimo, magari nel quartiere in cui viviamo. E’ forse questo che fa la differenza rispetto ai tempi passati? Probabilmente. Certo è che le nostre conquiste di libertà, di progresso, di democrazia devono fare i conti con un vissuto esistenziale sempre più allarmante che parla di insoddisfazione, incertezza, insicurezza personale e quindi sociale.

Viviamo la nostra quotidianità tra speranze e sconfitte, tra dichiarazioni ottimiste di risanamento e palesi contraddizioni che subito dopo le sconfessano.Tutto questo ci fa del male e dobbiamo cambiare regime se non vogliamo nei prossimi anni fare i conti con una vita apparentemente vissuta nel benessere, nella normalità, ma che nella parte più nascosta di noi grida un malessere generalizzato che sfocerà in una dichiarazione di morte della nostra civiltà.

Anche l’uomo che ripone in Dio la propria forza, la propria vita, oggi deve porre in atto azioni di “salvezza”. Non può lasciare a lui ciò che spetta a noi, quali suoi unici collaboratori in un Creato che ci è stato donato per essere custodito. Agli uomini di fede, ai quali sono stati donati occhi per vedere ciò che altri non vedono, è chiesto di tutelare e conservare ciò che di buono è stato costruito. Fare memoria del Bene e saperlo custodire è un atto dovuto per chi in passato ha dato la vita, per noi che viviamo oggi grazie alla dedizione di grandi uomini testimoni di coerenza e per chi abiterà in futuro questo pianeta.

Ogni atto barbarico contro questo Bene e in questo tempo ne viviamo le manifestazioni più incredibili, è un tentativo malefico di riportare indietro la nostra civiltà. Seminare paura nelle persone attraverso atti di terrorismo anche sulle giovani vite in nome di un dio sconosciuto, ricorrere a strategie comunicative sul piano politico che suscitano incertezza nel domani come strategia di assoggettamento dei popoli, rendere vano il desiderio di progetto che anima ogni essere umano, sono azioni dell’uomo che ha dichiarato guerra a se stesso, lasciando campo aperto al male che mai come in questo tempo abbiamo consentito di manifestarsi e di regnare.

Ma dove possiamo ricercare le origini di questo decadimento che sul piano psicologico e sociale ci vede protagonisti addormentati e sempre meno reattivi di fronte alle ingiustizie che subiamo?

Ci aiuta una interessante analisi sociologica tratta dal testo “La solitudine del cittadino globale” dove l’autore Z.Bauman delinea con esemplarità quali possano essere oggi i nostri punti di debolezza probabilmente indotti,a mio avviso, da scelte oculate, costruite con strategia da quei “poteri forti” da almeno trent’anni.

Afferma Z. Bauman “ Il mondo contemporaneo è un contenitore pieno fino all’orlo di una paura e una disperazione erratiche, alla ricerca disperata di sfoghi. La vita è satura di cupe afflizioni e sinistre premonizioni, ancor più temute per la loro non-specificità, i loro contorni indistinti e le loro radici nascoste.” In parole semplici ormai è certo che tutti siamo ingabbiati da un malessere che ci lascia un senso di sgomento, non troviamo via di uscita o meglio l’ansia che circola in noi in un primo momento ci rende risolutivi ma subito dopo, una volta avvertita l’impotenza che ci sovrasta, inevitabilmente ci crea immobilismo.

Ancora Z.Bauman “Mentre inseguivamo qualunque cosa sembrasse aumentare la libertà individuale di scelta e di espressione, abbiamo perduto buona parte della sicurezza ricevuta dalla civiltà moderna, e una parte anche maggiore della sicurezza che aveva promesso di offrirci; ancora peggio, non sentiamo quasi più promettere che quel bene sarà recuperato, mentre sentiamo sempre più spesso che la sicurezza non va d’accordo con la dignità umana, che è troppo infida per essere desiderata e troppo a rischio di generare dipendenza, di dare assuefazione e di creare situazioni senza via d’uscita per essere considerata un valore. Ma, esattamente, che cosa ci viene detto di non rimpiangere, e che nondimeno ci manca, e la cui assenza ci riempie di ansia, paura e rabbia?”

Tre sono le grandi categorie in questo tempo denunciate dall’autore come disperse e concausa di instabilità sociale: la sicurezza esistenziale, cioè il vissuto dell’io reso forte grazie ai punti fermi riconosciuti come valori che donano alla persona affidabilità e coerenza; la certezza, categoria per la quale il bene e il male, ragionevolezza e superficialità hanno confini ben distinti e separati; infine la sicurezza personale per la quale nessun pericolo può minacciare i nostri spazi, i nostri affetti, i nostri beni.

Tutto questo ha suscitato nelle persone una serie di reazioni come il sospetto, l’incertezza, fenomeni come l’individualismo, cioè la costruzione di muri o barricate, la perdita di fiducia nelle proprie capacità e in quelle altrui. Ma soprattutto è sempre più emergente il fatto che le incertezze del nostro tempo, costruite su misura per creare dipendenza o assenza decisionale, vengono vissute come l’unico modo per vivere l’oggi, escludendo ogni forma riparatrice perché ritenuta ostacolo di nuove forme creative di vita.

Ma come possiamo uscire da tutto questo? Quali azioni di manovra saranno necessarie per poter passare dalla riflessione teorica al cambiamento?
Certo non sarà facile, neppure avremo soluzioni immediate, ma sicuramente dovremo partire da occasioni di ritorno alla realtà, alla bellezza della Vita attraverso una prima informazione per una presa di coscienza su come stiamo vivendo oggi e perché. Poi una formazione permanente, dopo aver compiuto un discernimento autentico sulla complessità sociale, i cui scenari invitano tutte le agenzie educative, a partire dalla scuola, dalla famiglia, dalle Associazioni in campo, ad attivarsi per un progetto di soccorso sociale.

Anche la politica dovrà tornare ad essere fucina di buone pratiche dettate dalla autentica ricerca del bene comune per uscire, nel breve tempo possibile, da una logica di sopravvivenza e vivere una realtà carica di Speranza, dove la violenza, la precarietà della vita, la paura del domani o di andare semplicemente ad un concerto con i propri figli, saranno ricordate solo come un brutto incubo vissuto in un tempo buio, mai come oggi.

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