5000 milioni di miliardi. E’ all’incirca il numero di bit di informazioni prodotte nel mondo nel 2015, in un solo giorno. Più o meno quanto tutti gli oggetti stellari catalogati dagli scienziati dopo il lancio in orbita del telescopio Hubble, nel 1990. E’ il patrimonio di conoscenza dell’uomo al tempo della rivoluzione digitale, comunemente definito come Big Data. Una specie di Biblioteca di Alessandria del Terzo Millennio. Per dare un ordine di grandezza più comprensibile, se archiviassimo questa quantità di dati su dvd impilandoli l’uno sull’altro, copriremmo la distanza tra la Terra e la Luna per cinque volte, andata e ritorno. E il numero dei dvd è ovviamente aumentato tra il giorno in cui questo libro è stato scritto e quello in cui chi lo ha acquistato lo sta leggendo.
Quanto discorsi del genere siano utili lo si intuisce solo approfondendo l’impatto dei Big Data e, più in generale, della rivoluzione tecnologica e di Internet su ogni aspetto, delle nostre vite. Politica compresa. Anzi politica in primo luogo.
Il pensiero va subito al nesso con i flussi editoriali. Ci sono analisi ben congegnate che dimostrano una corrispondenza diretta tra la quantità (e la qualità) delle conversazioni in Rete e i risultati del voto delle elezioni politiche italiane del 2013. Non è un caso, per inciso, che gli unici sondaggi in grado di cogliere l’exploit del Movimento 5 Stelle siano stati proprio quelli più attenti agli orientamenti degli utenti del web.
Del resto, di come Internet sempre più condizioni la politica si discute da tempo. Lo studio della campagna di Obama del 2008, la segmentazione sempre più raffinata dell’elettorato, la diversificazione del messaggio e del linguaggio e altro ancora: più si approfondisce il tema, più si enfatizza il potenziale insito nel dato – o meglio, nell’accesso al dato – sui processi di costruzioni del consenso politico. E’ un fenomeno cruciale e destinato ad accentuarsi ancora di più in futuro.
Tratto da “Andare insieme, andare lontano”