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La politica bifronte dei bonus: incentivo contro risparmio

O bicicletta, bicicletta che passione, che macchinetta che magnifica invenzione! Tu della strada sei l’amica più fedel per il lavor, per il piacer, o bicicletta, bicicletta che passion!’’. Così cantavano i nostri padri e i nostri nonni che, al massimo, potevano permettersi un “cavallo d’acciaio’’, come veniva definita allora la bicicletta. Con questo mezzo si andava al lavoro sia nei campi, che nelle officine e negli uffici. Gli “scariolanti’’ – coloro che svolgevano opere di bonifica a diversi km di distanza – percorrevano di buon’ora, spesso prima che il sole sorgesse, il tragitto casa-lavoro portando con sé la carriola, infilata nella testa. La domenica i giovanotti caricavano le fidanzate sul cannone della bici, nonostante che fosse faticoso per chi doveva pedalare e scomodo per chi stava seduta. Il ciclismo era uno sport popolare almeno quanto il calcio. Guai a perdersi una radiocronaca di un arrivo di una tappa del Giro d’Italia o di Francia.

Dopo l’attentato a Togliatti il 14 luglio del 1948, fu lo stesso Alcide De Gasperi – che forse non si era mai occupato di salite e discese – ad annunciare alla Camera in grande agitazione che Gino Bartali aveva vinto la tappa del Tour. Ma le più grandi emozioni erano legate alle radiocronache di Nando Martellini che cominciavano sempre così: “A due km dal traguardo un solo corridore è al comando; la sua maglia è bianco-celeste ( i colori della Bianchi); il suo nome è Fausto Coppi’’. Con l’ avvento del miracolo economico la bicicletta cedette il passo prima alla Lambretta, poi alle utilitarie, in particolare alla mitica Fiat 500 che diede agli italiani l’ebbrezza di essere motorizzati. Le moto e le bici tornarono sulla strada quando nelle città il traffico non consentiva un’adeguata mobilità, cominciò la difficoltà a trovare i parcheggi, vennero istituite le ZTL e le amministrazioni comunali realizzavano significative entrate con le contravvenzioni. Da strumento di lavoro la bicicletta divenne un mezzo di svago con un profilo indirettamente ecologico.

Ed è per favorire questo utilizzo che il governo, tra i provvedimenti per il rilancio dell’economia, ha voluto inserire un bonus fino a 500 euro per l’acquisto di un velocipede, estendendo questa prebenda anche ai monopattini. Nel frattempo gli altri Paesi hanno scelto di investire sull’automotive che rimane uno dei settori trainanti dell’industria manifatturiera (in Italia l’indotto comprende 5.500 aziende e 300mila occupati), mentre, per quanto riguarda le biciclette, il mercato se lo dividono l’Olanda (per i tipi di lusso) e la Cina (per la produzione ordinaria). E a quanto pare sono insorti problemi tra i ministeri competenti dei Trasporti e dell’Ambiente perché – alla faccia della semplificazione – gli acquirenti devono produrre una certificazione speciale per riscuotere il bonus. Già i bonus. E’ una pratica a cui hanno fatto ricorso molti governi (e non solo negli ultimi tempi se si ricorda il superbonus introdotto dal ministro del Lavoro Roberto Maroni per quelli che rinviavano il pensionamento).

Il padre di tutti i bonus è stato l’aumento di 80 euro in busta paga che portò tanta fortuna ai primi passi del governo Renzi. Ma l’elenco è assai lungo che è difficile ricordarlo a memoria. Ovviamente, le intenzioni che inducono un governo ad istituire un bonus sono lodevoli, quando non rispondono a mere ragioni di consenso elettorale. Queste misure di carattere monetario sono dettate anche da una teoria economica, adottata in occasione della crisi finanziaria del 2008-2009 e di quella sanitaria da cui non siamo ancora usciti: l’idea di implementare i redditi delle famiglie o di particolari gruppi sociali non solo per alleviare le loro difficoltà, ma soprattutto per sostenere il mercato interno dei consumi. In nome di quest’ obiettivo sono state assunte misure – pensiamo al reddito di cittadinanza – a spettro molto più ampio di un bonus temporaneo e tipizzato. Il fatto è che tali politiche falliscono sempre miseramente perché quando le famiglie sono preoccupate per il presente e il futuro prossimo, fanno di tutto pur di spendere quanto meno e di risparmiare quanto più possibile. E’ ciò che è accaduto anche in questi mesi di lockdown: i consumi sono crollati, mentre il risparmio, già ragguardevole, è aumentato di 1,5 miliardi. Nella prima asta dei BTP Italia sono stati sottoscritti (ad un tasso reale dell’1,5% che – per inciso – è immensamente più elevato dello 0,1% del Mes) più di 22 miliardi di titoli, 14 dei quali da semplici risparmiatori e soltanto 8 da parte di investitori istituzionali.

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