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La pax gentiloniana

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La pax gentiloniana, che è cosa ben diversa dalla frenesia renziana, inizia a dare i suoi frutti. L’attuale premier sta guidando l’esecutivo con piccole correzioni di rotta, modesti colpi al timone ma significativi, dimostrando come Paolo Gentiloni non sia quel Re Travicello che in molti avevano provato ad evocare quando l’ex titolare della Farnesina si è insediato a Palazzo Chigi.

Persino la stessa gestione dell’uomo ombra, tale è Matteo Renzi nel cercare di manovrare le scelte del governo, appare particolarmente attenta e accorta, in modo da non creare inutili fibrillazioni. Nella pratica il lavoro del presidente del Consiglio passa attraverso la ricucitura dei rapporti lacerati dal suo predecessore con molti mondi, compresi quelli con i quali l’irruenza renziana, per esempio con sindaci e governatori, ha creato un vero e proprio solco. Insomma, volendo utilizzare uno slogan dell’ex sindaco di Firenze, Gentiloni ha cambiato “verso” al governo. Il capo dell’esecutivo, nonostante sia arrivato a Palazzo Chigi con la benedizione di Matteo, lavora in silenzio per rimarcare un approccio nuovo ma soprattutto autonomo rispetto al segretario del Pd, con il quale deve necessariamente mantenere un rapporto elastico. Corto quando c’è da scegliere, allungato quando i rischi sono superiori ai benefici.

Tutto ciò, ovviamente, dopo aver saggiamente, e astutamente, neutralizzato gli attacchi dei falchi renziani. Solo in questo modo la pax gentiloniana ha preso il largo. Il cambio di rotta, però, non si esaurisce solo con il ridimensionamento del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, nominata sottosegretario alla presidenza del Consiglio e la sostituzione di alcuni perni dell’amministrazione di Palazzo Chigi, ma aprendo un corso nuovo, più moderato e istituzionale e meno politico.

Il primo segnale è arrivato da Napoli, dalla città che il sindaco Luigi de Magistris fino a poche settimane fa voleva derenzizzare. Il primo cittadino ha annunciato di voler ritornare al tavolo istituzionale (abbandonato durante la presidenza di Renzi) con governo e Regione per la bonifica di Bagnoli, l’area inquinata dagli scarichi dell’ex Italisider. È lo stesso sindaco che durante i mille giorni del governo di Renzi aveva portato l’intero Consiglio comunale di Napoli a Roma, all’esterno del Parlamento, per protestare contro il commissariamento di Bagnoli. È del tutto evidente che si tratta di una vittoria di Gentiloni, capace d’introdurre un metodo nuovo nei rapporti istituzionali. Un metodo che punta alla collaborazione e supera le differenze politiche, eliminando lo scontro come sistema di potere. Il riavvicinamento tra De Magistris e il governo è frutto di un impegno assunto dal premier: lo stop alla cabina di regia voluta da Renzi per le bonifiche di Bagnoli.

Il secondo pilastro dell’era renziana crolla in Puglia, nella regione guidata da Michele Emiliano. L’esperienza di Renzi a Palazzo Chigi si era chiusa con uno strappo dopo la cancellazione nella legge di Bilancio dei 50 milioni di euro destinati alla Puglia per potenziare le strutture sanitarie che hanno in cura i bambini malati per l’inquinamento dell’Ilva di Taranto. Il cambio di passo è stato immediato: il 29 dicembre scorso, due settimane dopo l’insediamento di Gentiloni, Emiliano è stato ricevuto dal nuovo premier per mettere una toppa nella falla renziana, recuperando i 50 milioni. Uno smacco soprattutto perché Gentiloni riapre i canali del dialogo con il governatore pugliese che rappresenta nel Pd l’avversario numero uno di Renzi.

Il governo “cambia verso” anche nel profondo Sud. In Sicilia l’approdo dell’ex ministro degli Esteri al governo è stato salutato con euforia dal presidente della Regione Rosario Crocetta. Un po’ meno dal renzianissmo Davide Faraone che aveva puntato tutto su Renzi e sulla politica romana per indebolire il governatore, facendone saltare la ricandidatura con il Pd alle elezioni regionali che si terranno in primavera. Con Gentiloni a Palazzo Chigi i rubinetti dei soldi pubblici per la Sicilia si sono riaperti. E Crocetta sente, ora, di avere in tasca la ricandidatura. Con buona pace di Renzi e Faraone. E quel che accade al Sud avrà effetti anche al Nord, pur sapendo che la partita, in quel caso, sarà più complessa. Lì c’è la Lega, che potrebbe flirtare con Beppe Grillo in vista delle politiche, ma potendo contare sull’appoggio di Forza Italia Gentiloni potrebbe centrare il doppio obiettivo: riconquistare il Nord e gettare le basi per l’accordo Pd-Fi. Il futuro, con i tempi della politica, è già domani.

Macario Tinti: