Nelle lunghe estati calde della politica i dibattiti ferragostani, molto spesso, hanno avutoĀ lo stesso effetto dei temporali. Una rapida rinfrescata e via, tutto come prima.Ā Ma questa volta no. E non tanto per quello che dobbiamo definire, solo per dovere di cronaca e con il massimo rispetto per le vittime,Ā lāeffetto Genova (ovvero la tragedia del ponte Morandi), quanto per il manifestarsi allāinterno dellāopinione pubblica di correnti di pensiero nette e chiare come non Ā succedeva da tempo. Fuor di metafora il dramma che ha scosso lāItalia, e continuerĆ a farlo a lungo, ĆØ come se avesseĀ rimesso in moto le palline del biliardo della politica, ferme dal giorno in cui la maggioranza giallo verde ha consegnato al Paese il governo Conte. Lāesecutivo in carica ha congelato gli schieramenti, cristallizzando le logiche correntizie.Ā Con il ponte sono crollati anche i muri e i muretti che dividevano vecchi e nuovi alleati. E se il Pd, ormai ridotto ad essere lāombra di se stesso, pur di ritrovare una strada da percorrere va pensandoĀ allāennesimo Nazareno, idea tanto suggestiva quanto fuori dalla logica del tempo che viviamo, il centrodestraĀ ha riesumato gli attrezzi della coalizioneĀ che sembrava perduta. E non tanto nella formazione classica, quanto in una versione a due,Ā Lega-Forza Italia, in grado di arginare lo strabismo delĀ Movimento 5 stelle, ondivago e ondeggiante dopo i fatti i Genova. Per comprendere meglio il senso di questoĀ ritorno di fiamma fra Berlusconi e SalviniĀ occorre fare un modesto passo indietro. Subito dopo la tragedia ligure, avendo capito la portata dei fatti, i grillini hanno effettuato una brusca frenata con rapida inversione di marcia. La politica del no a prescindere ĆØ finita nel freezer, congelata dai fatti eĀ dal montare della rabbia fra la gente. Gronda (il percorso alternativo per superare il capoluogo ligure), revoca delle concessioni, grandi opere da fare in fretta, non sono piĆ¹ un tabĆ¹ maĀ una necessitĆ . Un prezzo da pagare alla realtĆ . La Lega, dal canto suo, non ha fatto nessuna fatica a collocarsi laddove era necessario essere. Tutto ciĆ², in fondo, ĆØ nel suo Dna. Come in quello di Forza Italia.
Dunque non stupisce affatto se alĀ Meeting di RiminiĀ il sottosegretarioĀ Giancarlo Giorgetti, nel suo intervento dal palco della kermesse, ha fornito alla platea molti elementi su cui riflettere. Parlare oggi di riforme costituzionali, di lavori da fare e di elezione diretta del capo dello Stato significaĀ riaprire la porta a Berlusconi. Il quale, ovviamente, non ĆØ chiamato ad entrare in maggioranza, ma a dare sostanza, e sostegno, allāazione del governo. Non cāĆØ, sia chiaro, allāorizzonteĀ un Nazareno di Pontida nĆ© tantomeno di Palazzo Grazioli, ma una sorta di appendice al contratto di governo certamente si. Soprattutto in vista della prossime europee. Che la Lega vuol vincere in modo netto, modello Pd renziano, in modo tale da svincolarsi.Ā Solo allora Salvini potrĆ davvero fare a meno di Berlusconi. Non prima. E volendo avere in mano le redini dei gioco, il leader della Lega non puĆ² che marcare a vista il capo degli azzurri. Lasciarlo libero potrebbe compromettere tutto. Soprattutto nel caso in cuiĀ āLa banda TotiāĀ dovesse consumare davvero lo strappo finale. SarĆ un caso ma proprio ora i grilliniĀ sono tornati ad attaccare a testa bassaĀ tanto il Pd quanto Forza Italia, addossando loro le colpe dei presunti favori che sarebbero stati fatti agli azionisti di maggioranza delle societĆ autostrada. Un buon pretesto per regolare vecchi e nuovi conti. Sostiene laĀ RonzulliĀ che le radici e il futuro di Forza Italia sono nel centrodestra e cheĀ gli azzurri sono alternativi sia al Pd che ai 5 stelle. Tecnicamente ha ragione, ma il tecnicismo ĆØ stato superato da tempo dal tatticismo. E la Ronzulli finisce solo con il proporre un tema da scuola media. Al punto che Giorgetti, partendo proprio dal fatto che il primo leader a saltare le istituzioni per parlare direttamente alla gente ĆØ stato Berlusconi,Ā replica con una tesi accademica:Ā “Il Parlamento non conta piĆ¹ nulla perchĆ© non ĆØ piĆ¹ sentito dai cittadini che lo vedono come luogo dell'inconcludenza della politica. E se continuiamo a difendere questo feticcio della democrazia rappresentativaĀ – ha aggiunto sulla falsariga di quanto aveva detto in passato Casaleggio – sbagliamo e non facciamo un bene alla stessa democrazia”. E poi:Ā “Se non si riformano le Istituzioni si fa in fretta a buttare via tutto quanto. Il Parlamento e tutto quello che viene dietro. Non ĆØ uno dei titoli del contratto di governo. E dico purtroppo. Quello che accade attorno ai palazzi di Roma ci sta travolgendo e allora sƬ che ci sarĆ un pericolo per la democrazia che potrĆ diventare serio”.Ā A Genova non ĆØ crollato solo un ponte ma molti piloni della vecchia politica. Che adesso deve fare in fretta. A ricostruire tutto. Presto e bene, magari.