“Non abbiamo un altro posto dove andare”. Così parlavano i ragazzi stranieri trasferiti dalla casa famiglia di Tor Sapienza l’altro giorno, dopo gli scontri con i residenti nel quartiere periferico di Roma. Ritornati ugualmente nella palazzina finita sotto attacco, nonostante tutto l’unico posto considerato casa. E ancora, sempre nella Capitale, un uomo ferito a colpi d’arma da fuoco insieme al figlio, colpito alla testa con il calcio della pistola, dopo aver cercato di mandare via degli occupanti abusivi dalla sua abitazione, stavolta a Tor Bella Monaca. Due storie che raccontano l’emergenza casa a Roma, storie con le quali fa il paio l’occupazione da parte dei movimenti per il diritto all’abitare di una banca in piazza Albania.
Non va meglio a Milano, dove qualche giorno addietro due donne sono state prese a sassate dai residenti di una palazzina popolare nel quartiere Giambellino: volevano occupare abusivamente un appartamento. Poche ore più tardi gli sgomberi, sempre a Milano, di altri occupanti abusivi di case popolari. Donne e bambini sbattuti in mezzo alla strada, non avendo di titoli per diventare assegnatari degli immobili. Destinati però a rimanere vuoti, in attesa che l’ente preposto a gestirli completi le graduatorie. Il presidente dell’Aler, interpellato dai giornalisti, ha spiegato che in sette o otto mesi (sic!) il problema verrà risolto.
Tutto questo per raccontare della guerra sotterranea e neanche troppo silenziosa che si combatte intorno a quello che dovrebbe essere un diritto di tutti: avere un tetto sopra la testa. Un dramma sociale al quale finora nessun governo sembra aver mai neppure lontanamente cercato di porre rimedio, da nord a sud.
Basta guardare i prezzi degli affitti in una qualunque metropoli italiana per rendersi conto della portata del problema. Stipendi che a stento superano e talvolta neppure raggiungono i mille euro, divorati da affitti spesso di molto superiori. Per non dire dei mutui, ormai praticamente irraggiungibili per la gran parte delle nuove generazioni.
Davanti a tutto questo, un paese in crisi profonda, dimentico di qualunque minima garanzia dello stato sociale, nega il futuro ai suoi giovani. Così facendo, accettando passivamente non il rischio, ma la matematica certezza di scatenare una guerra fra generazioni e fra classi sociali: i ricchi sempre più ricchi e gli invisibili sempre più invisibili.