La fraternità, senza alcun dubbio, costituisce una dimensione essenziale di ogni persona, facendo sì che ognuno venga visto come un fratello o una sorella. Questo principio è fondamentale per l’edificazione di una società più giusta e, in questo tempo storico profondamente segnato da numerosi conflitti e tensioni internazionali, per contribuire alla costruzione di una pace duratura e solida da cui, nessuno di noi, può assolutamente prescindere. Il raggiungimento di questo obiettivo però, presuppone che, ogni cittadino, indipendentemente dal paese o dalla latitudine di residenza, allontani il crescente individualismo il quale, purtroppo, contribuisce in maniera determinante all’allentamento dei legami sociali e alimenta quella che, con assoluta lungimiranza, Papa Francesco, ha definito la “cultura dello scarto”.
La vocazione alla fraternità ha radici lontane, poste nell’insegnamento sociale della Chiesa Cattolica. Sovvengono alla mia mente l’enciclica “Populorum progressio” di Paolo VI Che ci richiamava all’incontro tra le nazioni in uno spirito di fraternità e amicizia vicendevole o Giovanni Paolo che, nella “Sollicitudo rei socialis”, affermava che, la pace, può essere realmente conquistata solo se si attiva “una determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune”.
Queste parole, insieme all’ultima esortazione ad aprire il cuore, contenuta nell’ enciclica di “Dilexit nos” di Papa Francesco, ci devono far riflettere. In una società sempre più frammentata e connotata dalla mancanza di dialogo il quale, molto spesso, nei rapporti tra gli Stati, sfocia in conflitti fratricidi, abbiamo il compito di riscoprire e valorizzare i rapporti fraterni, partendo proprio da chi ci sta più vicino, ovvero dalle famiglie e dalle nostre comunità. Così facendo, in uno spirito di comunione con il nostro prossimo, contribuiremo a lenire le fragilità del nostro tempo e, nello stesso tempo, faremo sì che la partecipazione democratica e la diplomazia, possano essere messe in campo ad ogni latitudine del mondo, per scongiurare i pericoli dei conflitti e, nello stesso tempo, consegnare un futuro di pace ai nostri figli senza il quale, l’intera umanità, corre un grande rischio.