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La “battaglia navale” fra Russia e Ucraina

Igià tesissimi rapporti bilaterali russo-ucraini stanno, in queste ultime ore, raggiungendo il culmine della tensione dopo quanto accaduto nei pressi dello stretto di Kerč’, in Crimea. Un rimorchiatore, un pattugliatore costiero e una piccola unità di supporto della marina militare ucraina comunque dotati di artiglieria navale (registrati con i nomi di Berdjansk, Nikopol’ e Janu Kapu) hanno varcato lo stretto ed attraversato il ponte di recente costruzione, spazio marittimo de facto controllato dalla Russia. La marina russa ha intimato alle imbarcazioni ucraine di non abbandonare la posizione. Riscontrando resistenza, le imbarcazioni di Mosca hanno danneggiato le unità di Kiev attraverso una collisione, momento ripreso da alcuni video registrati a bordo di una delle navi militari russe, diventato immediatamente virale. Riscontrato anche uno scontro a fuoco per effetto del quale sei soldati ucraini sono rimasti feriti (ma non sono in pericolo di vita). Le imbarcazioni ucraine sono state condotte nel porto di Kerč’ e sequestrate. Arrestati una ventina di marinai e otto ufficiali della marina di Kiev. Le notizie sulle misure russe sono state confermate direttamente dal Servizio Federale di Sicurezza, l’FSB, che ha tenuto a sottolineare la violazione degli articoli 19 e 21 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare da parte delle unità ucraine.

Immediatamente Mosca ha provveduto a militarizzare e a chiudere l’accesso allo stretto facendo decollare due caccia Sukhoj-25 e due elicotteri d’assalto Ka-52. Nel corso della serata di ieri, la Verchovnaja Rada (il parlamento ucraino) ha approvato l’ukaz del Presidente Porošenko riguardo l’entrata in vigore della legge marziale. Sempre ieri, due navi militari ucraine sono partite dal porto di Berdjansk per avvicinarsi allo stretto, mentre Kiev ha emanato lo stato d’allerta delle sue forze di terra e di mare. In poche ore la situazione sembrava essere definitivamente sfuggita di mano. L’Ucraina ha immediatamente invocato la reazione dei suoi alleati in Occidente, Nato ed Unione Europea in primis, chiedendo l’immediata condanna delle azioni di Mosca, nonché la conferma delle sanzioni nei confronti della Federazione Russa. Anche l’ambasciatore ucraino in Italia Yevhen Perelygin ha chiesto al governo Conte di condannare la Russia per “proteggere la sovranità dell’Ucraina contro il regime del Cremlino”. L’alleanza atlantica ha invitato le parti alla calma, mentre nel contesto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno immediatamente difeso le posizioni ucraine. La Casa Bianca, dopo una giornata intera di silenzio in merito alla vicenda, si è espressa attraverso la breve dichiarazione rilasciata da Donald Trump: il presidente Usa si è detto poco felice riguardo alla vicenda, nella speranza che tutto rientri nella normalità. Intanto, l’ukaz proposto da Porošenko riguardo l’entrata in vigore della legge marziale è stato discusso in una lunga e combattuta seduta dalla Rada di Kiev: il Presidente ucraino con molte difficoltà è riuscito a convincere l’assemblea della necessità di rispondere alle azioni russe. Proprio in queste difficoltà risiedono i motivi di un atto provocatorio che sembra essere stato studiato ad arte per raggiungere degli scopi laterali.

C’è da tener presente che, nel corso di quest’anno, le schermaglie navali tra la Russia e l’Ucraina sono avvenute, nel silenzio mediatico, in più occasioni: quest’estate due imbarcazioni della marina ucraina varcarono lo stretto chiedendo regolare permesso alla marina russa; Kiev, in quell’occasione, parlò di “eroico sfondamento”, nonostante tutto fosse avvenuto in piena regolarità. In questo contesto, l’Ucraina, per diversi motivi, ha bisogno di “internazionalizzare” il conflitto per i diritti di passaggio nel Mare d’Azov, argomento più volte portato all’attenzione della comunità internazionale proprio qualche mese fa dall’Unione Europea tramite gli appelli di Federica Mogherini. La perdita della Crimea e la costruzione del ponte di Kerč’ ha letteralmente messo in ginocchio l’operatività e la funzionalità di due porti fondamentali per la logistica ucraina come quelli di Berdjansk e Mariupol’. Oltre al controllo della penisola, dunque, la Russia de facto controlla l’accesso al Mare d’Azov, nuova arma geopolitica che Mosca utilizza per ricattare Kiev.

Un Paese messo alle strette dalla guerra e dalla crisi economica ed energetica come l’Ucraina, ultimamente divenuta meno “prioritaria” nell’agenda delle cancellerie occidentali, ha bisogno di nuove motivazioni per tornare in primo piano nelle agende delle politiche dell’Occidente e ricevere gli aiuti necessari per rafforzare la sua economia distrutta e le sue difese che al momento non potrebbero neanche lontanamente competere con le forze di terra, d’aria e di mare messe in campo dalla Russia. Fa riflettere, inoltre, una curiosa coincidenza: pochi giorni fa sono stati dispiegati in maniera apparentemente immotivata potenti sistemi di contraerea S-300 sui confini con il Donbass. I separatisti filorussi non posseggono, come si sa, alcuna forza aerea; la domanda – alquanto retorica – è: verso chi sono diretti? Un’ulteriore escalation nelle regioni orientali aiuterebbe sia l’Ucraina che Porošenko stesso. Le elezioni di fine marzo 2019 si avvicinano, la legge marziale consentirebbe di evitare l’appuntamento elettorale, salvando la posizione politica del proprietario del famoso del marchio dolciario Roshen, ormai dato per sconfitto da tutti i sondaggi. Proprio questa possibilità ha trattenuto la Rada dal ratificare immediatamente l’ukaz. Tuttavia, il Presidente ha garantito lo stato provvisorio della legge marziale, che dovrebbe durare solo 30 giorni, fino al 27 dicembre. Quest’ultima entra in vigore in 10 regioni, quelle affacciate sul Mar Nero e quelle confinanti con la Russia. Le regioni di Doneck e Lugansk sono già in stato di guerra civile; in altre parole, la legge marziale non cambierà più di tanto lo status quo, anche considerando che verrà applicata soltanto in caso di una improbabilissima aggressione territoriale via terra da parte della Russia.

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