Dopo la conclusione della trattativa sul Recovery fund a Bruxelles, nell’immaginario collettivo degli italiani serpeggia l’idea che il peggio potrebbe essere passato. Potrebbe, perché quella trattativa assomiglia, in realtà, alle “vaghe stelle dell’Orsa” di Leopardi. Bisogna scrutare nell’infinito del 2021 per capire quando arriveranno. E come. Tant’è che le domande inevase sul tavolo della maggioranza sono nette: quali riforme, con quali soldi e chi decide. Sono questi i tre temi ancora aperti dopo l’annuncio del premier, Giuseppe Conte, e gli applausi dei 5 Stelle. Il rischio, dunque, è quello di incagliarsi nella discussione sul contenitore, se cioè la cabina di regia per l’utilizzo dei fondi europei debba essere in capo al presidente del Consiglio, al governo nella sua collegialità o al Parlamento.
Una questione tutt’altro che marginale. Per dribblare l’ostacolo, senza però perderlo di vista, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha preso carta e penna e ha scritto un accorato appello al governo perché si faccia presto nella messa a punto del piano di rilancio nazionale da presentare a Bruxelles per accedere ai 209 miliardi del Next generation Eu. Tutto alla vigilia di una settimana cruciale, con la proroga dell’emergenza e lo scostamento di bilancio sul piatto. Il Pd sa bene di dover giocare questa partita, consapevole della posta in palio. Senza una strategia, senza un disegno, il Quirinale potrebbe presentare il conto a tutti. E non sarebbe un passaggio illuminante per l’attuale maggioranza di governo. Del resto le ragioni di questa possibile azione dell’arbitro della politica nazionale sono molto chiare.
Dopo l’accordo sul Recovery fund, il governo è alle prese con la decisione sulla attivazione o meno del Mes. Pd e M5s, i due principali soci della maggioranza giallorossa, sono divisi. Alle nuove richieste dei dem Vito Crimi, capo politico M5s, ha risposto secco: “Sono basito da questa insistenza sul Mes, non la comprendo. Capisco l’avere una posizione diversa ma abbiamo la Bce che compra il nostro debito e soprattutto dobbiamo decidere come spendere i 209 miliardi del Recovery Fund. Concentriamoci su questo e non su uno strumento definito rischioso anche da molti economisti”. Tra l’altro, precisa poi Crimi, “continuare a parlare del fondo salva Stati trasmette all’estero l’immagine di un’Italia con l’acqua alla gola, e non è affatto così”. Tanto più che la decisione su come impiegare i fondi Ue “va fatta in sede politica, dai ministri competenti. Eventuali task force possono dare un supporto tecnico alle scelte politiche”.
Anche Zingaretti, mentre il Pd non sembra voler ostacolare la bicamerale e sostiene con forza il Comitato interministeriale, non certo la task force, chiede innanzitutto tempi rapidi: “Il governo scelga gli strumenti migliori per garantire massima velocità di esecuzione. Solo se riusciremo a rispondere con velocità e concretezza a queste sfide, potremo dire che Next Generation EU sarà stato non solo un esperimento vincente per l’Europa, ma un piano operativo di rinascimento per l’Italia”. Dunque c’è ancora molto fa fare, sia sul piano pratico che teorico. Anche se il governo dà l’impressione di essere in stato confusionale, nonostante i roboanti annunci.
Al netto di questo tassello, il vero centro nevralgico del mosaico che si va componendo resta uno e uno solo: fare presto. Ma soprattutto fare bene. E proprio perché, al momento, la discussione è tutta incentrata su task force e commissione bicamerale, il leader dem ha scelto la strada dell’agenda dei lavori, in modo anticipare i tempi. Un classico di Goffredo Bettini, guru storico del Pd romano, tornato ad essere l’ispiratore di Zingaretti. Il libro dei sogni è sempre un buon argomento. Tatticamente utile, praticamente irrealizzabile. Ma la politica si alimenta di sogni, sempre meno tende l’orecchio ai bisogni. E così, ora che la cabina di regia sembra essere stata individuata nel Comitato interministeriale per gli affari economici, struttura che fa capo al ministero delle Politiche Europee guidato da Vincenzo Amendola e che ricrea in piccolo il consiglio dei ministri, per Zingaretti c’è la necessità di partire subito con la stesura del piano.
Anche perché, spiega un dirigente dem, il tempo stringe: il piano va presentato entro l’inizio di ottobre, visto che la Commissione si riserva due mesi di tempo per valutare i piani nazionali e passare la palla al Consiglio Ue. Non è un caso, d’altra parte, che l’intervento di Zingaretti sia stato condiviso e rilanciato nel giro di poche ore dall’intero vertice dem, a cominciare dai ministri Roberto Gualtieri e Dario Franceschini. Su Mes e strumenti decisionali anche il centrodestra mantiene le sue divisioni. A favore del Mes si schiera Forza Italia, mentre Lega e Fdi confermano il loro no. E se FI ha lanciato la proposta di legge di istituzione di una bicamerale per decidere le riforme e la destinazione dei fondi europei, Matteo Salvini boccia l’idea. “Non è il momento di bicamerali che sa tanto di vecchio, di politica partitica, di tempi lunghi”. “Ho incontrato gli industriali di Prato, Lucca e Pistoia che hanno bisogno di risposte adesso”, sottolinea il leader della Lega, “stiamo parlando di fondi europei che se va bene arriveranno l’estate prossima. Ora siamo nell’estate 2020 e a luglio ci sono in partenza 12 milioni di cartelle esattoriali”. Ecco, appunto, con le vaghe stelle dell’Orsa non si salda il presente….