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Italia: bancomat del terrorismo?


Fernando-TermentiniDa più parti specialmente in ambito internazionale, l’Italia viene considerata come il “bancomat” del terrorismo internazionale
in quanto troppo spesso, se non sempre, paga il riscatto per la liberazione di ostaggi in mano di organizzazioni eversive come Al Qaeda ed ora l’Isis. Un addebito al nostro Paese che a partire dalla liberazione delle due Simona in Iraq, ritorna non appena è dato l’annuncio della liberazione di un italiano e anche se non confermato dalle Istituzioni, viene invece testimoniato da molti organi di informazione nazionali, senza che venga smentito.

Cerchiamo di ripercorrere, quindi, le tappe più significative per tentare di capire quanto le critiche nei confronti dell’Italia siano credibili e se, piuttosto, siano fantasie per screditare il nostro Paese. Quanto sia importante per le organizzazioni eversive disporre di ingenti risorse economiche lo dice in un comunicato Abur Basir, portavoce di Nasseir al Wuhayshi, capo di al Qaida nella Penisola arabica. Nell’agosto 2012 scriveva a Abdelmalek Droukdel, leader di al Qaeda Maghreb che la Jihad aveva costi elevati ma il bottino a disposizione dell’organizzazione era consistente e tale da garantire la copertura delle spese. In quella occasione Abur Basir sottolineava l’importanza di questa risorsa affermando che “rapire stranieri è un bottino facile, un commercio di grande profitto e, quindi, un tesoro prezioso”.

Una rendita che, però, potrebbe essere azzerata solo se si applicassero le norme internazionali in vigore che proibiscono di pagare riscatti ai terroristi come stabilito da una risoluzione delle Nazioni Unite approvata dopo l’11 settembre 2001 e da un accordo sottoscritto dai Paesi del G8 per fermare “un commercio di grande profitto” per Al Qaeda. In realtà, le cose vanno diversamente. Il giro di affari a livello internazionale è stimato in 125 milioni di dollari incassati dal 2008 ad oggi dalle formazioni eversive per la riscossione di riscatti. Fonti di stampa – mai smentite – ci raccontano come dal 2004 ad oggi l’Italia abbia pagato complessivamente 61 milioni di euro per 14 ostaggi catturati dalle organizzazioni eversive operative in varie aree geografiche. Una cifra enorme ed una scelta assolutamente diversa da quelle adottate dagli Usa e dalla Gran Bretagna come dimostrano fatti concreti. Due operatori umanitari, Federico Motka (italo-svizzero) sequestrato lo stesso giorno dell’inglese David Haines (il cittadino inglese decapitato a settembre dall’Isis) è stato rilasciato dopo qualche mese. Per liberare il cooperante italo-svizzero, secondo il settimanale Panorama “l’Italia ha saldato un riscatto di 6 milioni di euro”.

Non è il solo caso di pagamento raccontato dai media. Anche per il rilascio del giornalista Quirico, sequestrato in Siria il 9 aprile 2013 e rilasciato l’8 settembre, sembra sia stato pagato un riscatto. Lo raccontano due giornalisti, Harald Doornbos e Jenan Moussa, con un articolo pubblicato da Foreign Policy nel quale affermano che il governo italiano ha pagato quattro milioni di dollari. Rivelazione che è stata attribuita a tale Motaz Shaklab del Consiglio nazionale siriano, organo dell’opposizione ad Assad internazionalmente riconosciuto. Costui per la circostanza dice di essere stato il mediatore tra il governo italiano e i rapitori e di essere stato presente al momento del pagamento.

È un dato acclarato, seppur non confermato ufficialmente, che gli italiani rapiti all’estero a partire da Giuliana Sgrena, Simona Pari e Simona Torretta, per arrivare a Federico Motka e Marco Vallisa, passando dai giornalisti Mastrangeli e Domenico Quirico, siano stati liberati dietro l’erogazione di riscatti milionari. Tutti gli ostaggi di Paesi che rifiutano di pagare per non rimpinguare le casse del terrorismo internazionale sono giustiziati, solo gli italiani e qualche francese vengono liberati dietro enormi esborsi di danaro. Una realtà così fa pensare: probabilmente i terroristi islamici considerano merce preziosa qualsiasi ostaggio italiano e anche francese. Una convinzione la quale, però, incrementa il rischio per i nostri connazionali che in qualche modo operano nel mondo.

Fernando Termentini
Generale di Brigata della riserva dell’Arma del Genio dell’Esercito Italiano
Analista di Sistemi Informatici, ufficiale Addetto alla Difesa Nbc in particolare per quanto attiene la valutazione dei rischi
Brevetto Nato nel settore della Bonifica mine ed Ordigni Esplosivi

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