Si dice che in Giappone i docenti siano l’unica categoria che non debba inchinarsi dinanzi all’imperatore, poiché egli riconosce quanto siano importanti per la società e lo siano stati per la sua stessa formazione; ciò è evocativo, anche se non fosse vero! Come insegnanti ci “inchiniamo” ogni giorno dinanzi agli studenti, non per sottomissione o inadeguatezza naturalmente, bensì perché chinarsi per sostenere o sollevare qualcuno, anche dal punto di vista culturale, è un grande gesto d’amore e insegnare è un atto d’amore!
Quando frequentavo il liceo, agli inizi degli anni Novanta, ci fu un omicidio davanti alla scuola; era il tempo della ricreazione e fu inevitabile guardare fuori e vedere un uomo a terra in una pozza di sangue. Rientrati in classe la quarta ora, il prof. di Storia e Filosofia spiegò e interrogò come se nulla fosse successo, così la quinta ora eravamo pronti per il Latino e il Greco con libri e quaderni aperti; il Prof. (non a caso qui uso la maiuscola!) ci disse: “Non avete capito cosa è accaduto fuori? Volete fare lezione dopo che a due passi da voi è stato ucciso un uomo? Che senso ha lo studio che abbiamo fatto, le ore sulle tragedie, su Omero e Virgilio, se non ci fermiamo a riflettere?”. Da allora capii il senso dello studio e della scuola, scelsi di essere un giorno un Prof. come lui!”. Infatti, tra il docente e lo studente è come se si danzasse in coppia, a volte si è più vicini, altre volte lontani; ci si guarda negli occhi, si trovano le intese per il movimento giusto, si impara e ci si lascia guidare; si cade, si viene trasportati in alto, tutto con la forza e la fatica di entrambi, il necessario rigore e la semplicità del lasciarsi andare, la disciplina e la creatività.
A scuola non si balla da soli, non ci sono prime ballerine, si brilla insieme! C’è bisogno di docenti che, stando davvero sul campo cioè in aula tra gli studenti e i colleghi, facciano interrogare un po’ tutti, genitori inclusi, richiamando alla bellezza dello studio, della cultura, delle relazioni educative. Non è facile, tuttavia bisogna provarci e dunque studiare, formarsi per ridonare passione ed interesse con la propria coerenza e credibilità. Poi c’è il tempo dell’ascolto senza dire mai “quando sarai più grande capirai” o “te lo dirò quando sarai cresciuto”, poiché questo loro presente è già un’ipoteca sul futuro. Infine, il docente è chiamato a tracciare un percorso, ad esortare gli studenti a mettersi in cammino dando ordine alla propria esistenza e allo studio, cercando una sintesi felice tra vita e scuola.