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L’insegnamento di Papa Giovanni XXIII per costruire la pace

Papa Giovanni XXIII è tornato alle radici più profonde della tradizione cristiana e, al tempo stesso, ha aperto le finestre della Chiesa perché entrasse il vento della vita, della modernità, dei problemi contemporanei. Perché entrassero “le gioie e i dolori degli uomini contemporanei”, come dice la “Gaudium et Spes”. Papa Giovanni XXIII non è stato né conservatore né progressista: è andato oltre queste categorie e ha saputo avvicinare nuovamente alla Chiesa e al Vangelo tante donne e uomini che avevano visto raffreddare la loro fede.

Per Giovanni XXIII è stato importante guardare “i segni dei tempi”. Questa è un’espressione del Vangelo che lui usava per incoraggiare a cogliere i problemi del proprio tempo, ciò che stava avvenendo o che stava per avvenire. Giuseppe Roncalli aveva un senso profondo della storia, era un Papa storico che ha amato la storia e l’ha molto studiata. Da giovane ha studiato la visita pastorale del Borromeo, in Oriente quella dei popoli, delle culture delle religioni che ha incontrato e, in tutto questo, ha sempre coltivato il senso profondo della storia quale chiave per comprendere l’umanità. Attraverso i “segni dei tempi” ha cercato di leggere la storia dei suoi anni, drammaticamente segnati dalla Guerra Fredda, dalla contrapposizione bipolare e dal terrore atomico, insomma dal rischio che potesse essere innescato uno scontro con l’uso di armi nucleari che avrebbe portato alla distruzione del mondo.

Papa Giovanni XXIII ha sentito il dovere profondo di impedire una simile catastrofe, sia attraverso la parola sia con i fatti: durante la crisi di Cuba, i suoi interventi, hanno aiutato Kennedy e Krushev a cercare una via di mediazione che, alla fine, è stata trovata e perciò la guerra non è scoppiata. Successivamente, Giovanni XXIII ha approfondito il tema della pace con la bellissima enciclica “Pacem in Terris” in cui ha dimostrato molto chiaramente l’irrazionalità della guerra. Ormai, nel mondo contemporaneo, le armi e le tecnologie militari disponibili rendono la guerra talmente distruttiva da non essere più proporzionata a qualunque fine, fosse anche il più giusto, che si vuole raggiungere. Ecco perché non si può più parlare di “guerra giusta”. Il suo insegnamento ci dice che, anche oggi, noi dobbiamo fare lo stesso e quindi sforzarci di leggere e interpretare i segni dei tempi e agire in base alla realtà del XXI secolo per costruire la pace.

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