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L’importanza di una corretta informazione sui vaccini

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Interessante è l’attuale dibattito sulla possibile maggiore efficacia di un vaccino rispetto a un altro quasi si trattasse di una competizione sportiva (oggi la gente parla più di vaccini che di calcio!). Va ribadito con forza che non esistono (per rimanere in ambito sportivo) vaccini di serie A e di serie B, e su questo aspetto la comunicazione dovrebbe essere particolarmente attenta in modo da rassicurare l’opinione pubblica sull’efficacia di tutti i vaccini disponibili, come segnalato più volte autorevolmente dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), oltreché sulla loro sicurezza.
In realtà, rispetto ad altre campagne vaccinali, dopo un’iniziale seppur breve esitazione che ritengo motivata dalla paura che i tempi per la realizzazione dei vaccini fossero stati troppo ristretti per garantirne la sicurezza, la popolazione ha accettato positivamente e in larga misura la vaccinazione, comprendendo come questa sia l’unico mezzo a disposizione per poter riprendere una vita normale.
Sarà peraltro interessante, al termine della pandemia, osservare quale sia stato il livello di accettazione della vaccinazione anti Covid-19 rispetto ad altre vaccinazioni, anche se sembra, da dati iniziali, che dovrebbe essere molto elevato.
È stata infatti quasi trascurabile l’influenza dei “no vax”, e anche il numero dei cosiddetti “esitanti” è basso, perché si è fatta strada nell’opinione pubblica, dopo un anno di pandemia, la consapevolezza che solo la vaccinazione può essere risolutiva per conferire la protezione. Ciò premesso, va però riconosciuto che non sempre l’informazione sui vaccini è stata completamente corretta soprattutto per quel che attiene il rischio di manifestazioni trombotiche (anche gravi) legato ai vaccini a Dna con vettore adenovirale.
A mio giudizio, l’informazione, che pure doveva essere necessariamente fornita dalla comunità scientifica e dagli organismi regolatori, ha avuto una eccessiva cassa di risonanza. Non esistono infatti vaccini (così come non esistono farmaci) esenti da rischio. La comunicazione avrebbe dovuto essere rivolta in maniera più decisa a far comprendere i vantaggi della vaccinazione in termini di sanità pubblica, richiamando l’attenzione sui benefici che una vasta popolazione avrebbe ricevuto a fronte di un bassissimo rischio per il singolo individuo. In altre parole, il concetto di “tailored medicine” o “medicina di precisione”, che rappresenta un’innegabile acquisizione di questi ultimi anni in molti campi della medicina, non è applicabile in corso di pandemia, quando ci viene richiesto di ragionare su grandi numeri e non sui singoli individui.
La presenza delle varianti è strettamente connessa con l’efficacia dei vaccini. Se oggi le varianti circolanti non destano particolare preoccupazione, dal momento che i vaccini attualmente disponibili, pur con qualche differenza, sono in grado di proteggere dall’infezione e dalla malattia da esse causata, il problema va tuttavia affrontato in un contesto più ampio. Innanzitutto, per impedire che l’infezione possa diventare endemica a seguito della comparsa di nuove varianti, bisognerà vaccinare in un prossimo futuro anche i bambini, una volta appurato che i vaccini disponibili siano per essi efficaci e sicuri. Altrimenti, il virus continuerà a circolare, ancorché in forma asintomatica, nella popolazione infantile con il rischio che emergano varianti potenzialmente pericolose anche per i vaccinati.
Prof. Roberto Cauda: