La comunicazione, in un tempo fortemente segnato dall’emergere di sempre maggiori tensioni internazionali, rappresenta un fattore fondamentale per la diffusione dei valori di pace e fraternità fra tutti coloro che abitano il nostro pianeta. In particolare, la speranza deve costituire un caposaldo nella vita delle nostre comunità, comunicando gli aspetti fondamentali dell’essere cristiani e, nello stesso tempo, cittadini esemplari che mettono la tutela delle persone più fragili al centro della loro azione quotidiana. A riprova di ciò, nel comunicato diffusa dalla Santa Sede in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del prossimo anno, il Santo Padre ci ha ricordato l’importanza di condividere la speranza che risiede nei nostri cuori e, in tal senso, gli strumenti comunicativi, devono essere “capaci di comunicare la speranza di Cristo con i fatti e con le parole”.
Questo luminoso pensiero deve richiamare alla mente di ognuno di noi la necessità improrogabile di far prevalere un nuovo tipo di dialogo, sempre improntato all’ascolto del prossimo e alla capacità di disinnescare ogni discussione, nel nome del raggiungimento del bene comune e della pace a 360 gradi. Attraverso l’esempio concreto e partendo dalle nostre famiglie, potremmo dare vita ad un nuovo paradigma della parola, sinonimo di mitezza e mansuetudine attraverso i quali, le giovani generazioni, potranno porre finalmente fine ad ogni conflitto e vivere nel solco dell’amore cristiano tracciato da Papa Francesco e dai santi della Chiesa cattolica che, in ogni epoca, ci sono stati donati.
Tra questi cito Madre Teresa, indimenticabile perché ai “fatti” ovvero alle “azioni di carità” abbinava quelle “parole” così profonde e semplici che Gesù ha sempre prediletto. E aggiungo anche che il “silenzio” è parola, è strumento di comunicazione quando l’Uomo testimonia con “pacatezza e mitezza”.