“Cari studenti e cari genitori, è vicino il momento in cui dovranno essere effettuate le iscrizioni al primo anno dei diversi ordini e gradi di scuola, un appuntamento che comprende anche la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica (Irc). Cogliamo l’occasione per invitarvi ad accogliere questa possibilità, grazie alla quale nel percorso formativo entrano importanti elementi etici e culturali, insieme alle domande di senso che accompagnano la crescita individuale e la vita del mondo. Il tutto, in un clima di rispetto e di libertà, di approfondimento e di dialogo costruttivo”. Con queste parole inizia il messaggio che la Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana ha pubblicato lo scorso 13 gennaio.
Sono stato un insegnante di religione cattolica in tre scuole secondarie di primo grado statali a Roma, site nei quartieri che ospitavano anche le parrocchie dove sono stato inviato come vice parroco. E’ stata un’esperienza bellissima, talmente bella, che se potessi porterei avanti ancora.
Si trova sempre qualcuno che obietta che Dio non esiste. Tuttavia, nessuno potrà mai asserire che la religione non esista. E’ un fatto che può anche non piacere, ma che è così. E la scuola si occupa di fatti… in ambito umano, storico, geografico, matematico, ecc… Ecco: la religione è un fatto umano ed è per questo preciso motivo che si studia a scuola, tanto che risulta anche abbastanza inspiegabile il fatto che questa ora (fra l’altro, appunto, una sola a settimana) non sia obbligatoria, come tutte le altre materie curriculari.
Anche qui, qualcuno ha da ridire: perché si insegna religione cattolica e non le religioni in genere? A parte che i programmi prevedono il tema delle religioni dei popoli antichi e anche di quelle presenti nel mondo contemporaneo, il modulo porta l’aggettivo di “cattolico” per due motivi. Il primo: anzitutto, questa parola significa universale e dunque la religione cattolica non rappresenta un fenomeno circoscritto in uno spazio e in un tempo determinati e ristretti. Inoltre, come in Italia si studia l’italiano perché è la lingua parlata dalla maggioranza di chi vive in questo Paese, così si analizza la religione cattolica perché è quella che ha plasmato tanto se non tutto il nostro patrimonio culturale.
Ecco un’altra bella parola: cultura. Ce n’è bisogno oggi! E tanto. Un professore di educazione artistica un giorno mi chiese accoratamente di insegnare ai ragazzi il Vangelo… Non era un baciapile e forse nemmeno un credente, ma trovava molte difficoltà a spiegare la storia dell’arte agli alunni che non avevano idea di chi fosse la Trinità o di cosa fosse l’Incarnazione. Ho sempre detto che se per il lavoro di mio padre ci fossimo dovuti trasferire in Iran, avrei voluto conoscere l’islam perché mi sarei trovato in un microcosmo musulmano. Ma non è tutto. Il mondo di oggi necessita di una vera e propria iniezione di speranza. E “testimoni di speranza sono (…) i docenti di religione, che uniscono alla competenza professionale l’attenzione ai singoli alunni e alle loro domande più profonde”, chiosa il succitato messaggio.
Alle volte, a scuola, si rischia l’anonimato, e per un soggetto in crescita che si deve affermare, che deve trovare il suo posto nel mondo, tale pericolo infliggerebbe un colpo mortale. Il ruolo del docente di religione non è solo occuparsi della sua materia, ma soprattutto contribuire a dare quel volto umano alla scuola che spesso i nostri alunni faticano a trovare, mettendoli al centro.